Rinuncia all’usufrutto equiparabile a trasferimento: scatta l’imposta di registro

Ai fini fiscali la rinuncia ad un diritto reale di godimento è equiparabile ad un trasferimento, in quanto comporta un arricchimento per un terzo soggetto e pertanto la stessa è soggetto ad imposta. Trattandosi di atto negoziale non può invece essere equiparata a dei meri fatti, come può essere la scadenza del termine o la morte dell’usufruttuario, che comportano il consolidamento in capo al nudo proprietario. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 2252 depositata il 28 gennaio 2019. IL FATTO A seguito di una rinuncia all’usufrutto eseguita con atto pubblico, l’Ufficio notificava al Notaio rogante, in qualità di responsabile in solido con le parti, avviso di liquidazione con il quale recuperava l’imposta proporzionale ritenuta dovuta. Il contribuente presentava ricorso avverso l’atto impositivo, il quale veniva accolto dalla CTP. La decisione veniva confermata dalla CTR la quale, rigettando l’appello dell’Agenzia, qualificava la rinuncia in questione come atto abdicativo che comporta l’estinzione del diritto e non il suo trasferimento: conseguentemente nessuna maggior imposta era dovuta. L’Ufficio impugnava tale decisione, evidenziando come la pretesa erariale fosse corretta e fondata, in quanto dalla rinuncia derivava comunque un arricchimento per il nudo proprietario e pertanto la stessa era equiparabile ad un trasferimento, scontando le imposte ipotecarie e catastali. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Ufficio e, decidendo nel merito, ha ritenuto legittimo l’atto impositivo originariamente impugnato dal contribuente. Come già espressamente sancito dalla giurisprudenza di legittimità, sono assoggettati all’imposta di registro in misura proporzionale gli atti traslativi o costitutivi di diritti immobiliari di godimento, compresa la rinuncia pura e semplice agli stessi. Ai fini fiscali, pertanto, la rinuncia ai diritti reali equivale sostanzialmente ad un trasferimento, come ritenuto dall’Ufficio, in quanto la stessa genera effettivamente un arricchimento nella sfera giuridica altrui. Il consolidamento del diritto non è soggetto ad imposta ipocatastale solo se derivi da un fatto, come la morte dell’usufruttuario o la scadenza del termine prestabilito, ma non quando invece il trasferimento del diritto derivi da atto negoziale. Non vi sarebbe alcun motivo, infatti, per assoggettare ad imposta la cessione dell’usufrutto ma non la rinuncia negoziale dello stesso diritto, il quale apporta al nudo proprietario un arricchimento identico a quello conseguito da chi riceve l’usufrutto. In sintesi, con detta rinuncia, si configura una forma di donazione indiretta. Il tutto come era stato precisato anche dalla prassi amministrativa sul punto, che il notaio avrebbe dovuto conoscere ed alla quale avrebbe dovuto adeguarsi.

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Trattandosi di atto negoziale non può invece essere equiparata a dei meri fatti, come può essere la scadenza del termine o la morte dell’usufruttuario, che comportano il consolidamento in capo al nudo proprietario

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