Durante questo periodo dell’anno le società e i soci sono impegnati nell’approvazione dei bilanci di esercizio. A seconda dei risultati conseguiti e, in particolare, qualora i bilanci evidenzino perdite di esercizio, si pone il problema di come procedere alla “copertura” dei risultati negativi. Un’operazione alla quale si ricorre sovente per ricapitalizzare le società partecipate è costituita dalla rinuncia dei soci ai finanziamenti precedentemente effettuati. Secondo l’operazione originaria, cioè in conseguenza del prestito, la società aveva l’obbligo di restituzione della somma nei confronti del socio. Successivamente, a seguito della rinuncia, il debito iscritto nel passivo dello stato patrimoniale viene cancellato e sostituito con l’iscrizione, sempre nel passivo, di una riserva di capitale netto rappresentata dal versamento in conto capitale. La cancellazione del predetto debito non genera, in capo alla società, alcuna sopravvenienza tassabile subordinatamente al rispetto delle condizioni previste dall’art. 88, comma 4-bis TUIR. Irrilevanza della sopravvenienza ai fini fiscali: condizioni L’art. 88, comma 4-bis TUIR (inserito dall’art. 13, D.Lgs. n. 147/2015), applicabile a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello di entrata in vigore del decreto internazionalizzazione (7 ottobre 2015), così stabilisce: “La rinuncia dei soci ai crediti si considera sopravvenienza attiva per la parte che eccede il relativo valore fiscale. A tal fine, il socio, con dichiarazione sostitutiva di atto notorio, comunica alla partecipata tale valore; in assenza di tale comunicazione, il valore fiscale del credito è assunto pari a zero”. Ad esempio Se il valore fiscalmente riconosciuto del credito è pari a 10.000 euro, e la rinuncia al credito è dello stesso importo, la società non deve rilevare alcuna sopravvenienza attiva tassabile. Non deve essere apportata alcuna variazione in aumento dell’imponibile fiscale in sede di dichiarazione dei redditi. Il tema è rilevante, con riferimento alle rinunce avvenute nel corso del periodo di imposta 2018, in vista della presentazione del modello Redditi 2019. L’irrilevanza fiscale della sopravvenienza è poi subordinata all’effettuazione di una comunicazione da parte del socio alla società partecipata nei cui confronti si vanta il credito. Deve essere comunicato il valore fiscalmente riconosciuto del credito in quanto l’irrilevanza fiscale della sopravvenienza è prevista entro tale valore. Ad esempio Tornando all’esempio precedente se il valore fiscalmente riconosciuto del credito è pari a 3.000 euro e il socio rinuncia all’intero credito di 10.000 euro, la sopravvenienza non tassabile ammonta a 3.000 euro.Invece dovrà essere effettuata una variazione in aumento dell’imponibile fiscale pari a 7.000 euro. Nell’ipotesi di omessa comunicazione l’intero credito rinunciato costituirà una sopravvenienza attiva tassabile in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi. L’incremento del valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione Entro il limite del valore fiscale del credito, il socio aumenta il costo della partecipazione (come previsto dagli articoli 94, comma 6 e 101, comma 7, TUIR) e il soggetto partecipato rileva fiscalmente un apporto (non tassabile). Ad esempio Tornando sempre all’esempio precedente, se il valore fiscalmente riconosciuto del credito è di 3.000 rispetto all’importo iscritto nel passivo della società per 10.000, la rinuncia determina un incremento del costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione di 3.000 e non per l’intero importo del credito rinunciato. In buona sostanza il costo della partecipazione incrementato per effetto della rinuncia del credito è ai fini civilistici superiore a quello fiscale. Tale circostanza determina che - in caso di successiva cessione della partecipazione - il contribuente realizzerà una maggiore plusvalenza ai fini fiscali. La rinuncia ai crediti da parte dei soci persone fisiche L’Agenzia delle Entrate ha precisato che se i crediti oggetto di rinuncia sono vantati da persone fisiche non esercenti attività di impresa, l’operazione è neutra fiscalmente e la sopravvenienza non risulterà mai tassabile. Ciò in quanto non è ravvisabile alcuna differenza dei crediti rinunciati e il loro valore nominale. L’affermazione però deve essere contestualizzata rispetto alla fattispecie presa in esame dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 124/E del 2017. Il caso in esame riguardava un credito vantato dai soci amministratori persone fisiche per il trattamento di fine mandato accantonato dalla società. È dunque intuibile come in tale ipotesi il valore fiscalmente riconosciuto del credito non possa non coincidere in ogni caso con l’importo rinunciato. Secondo l’Agenzia delle Entrate non è “necessaria la comunicazione alla società partecipata del valore fiscale dei crediti oggetto di rinuncia (articolo 88, comma 4-bis, secondo periodo), non potendosi verificare quelle distorsioni - dovute appunto alla mancata coincidenza tra il valore nominale dei crediti e il loro valore fiscale (ad esempio, per effetto di svalutazione) - che il legislatore ha inteso scongiurare e che sono ravvisabili soltanto in presenza di un’attività di impresa”. Conseguentemente non si può trarre un principio generale secondo cui se la rinuncia avviene da parte di soci persone fisiche la disposizione non trova in ogni caso applicazione. La verifica deve essere effettuata caso per caso e se l’operazione è tale per cui non possono verificarsi i predetti effetti distorsivi, la disposizione non troverà applicazione. I finanziamenti da soci persone fisiche Si consideri il caso di un socio persona fisica che ha effettuato negli anni scorsi un finanziamento pari a 12.000 euro. Il bilancio relativo al periodo di imposta 2017 ha evidenziato una perdita rilevante. Il socio ha rinunciato, in sede di approvazione del bilancio - quindi nel corso dell’esercizio 2018 - al credito vantato. Ciò al fine di effettuare un’operazione di patrimonializzazione. La società ha così iscritto nel passivo una riserva di capitale pari all’importo rinunciato. Si pone il problema se la sopravvenienza attiva realizzata della società, per effetto della cancellazione del debito, sia rilevante fiscalmente e se il socio sia tenuto, ai sensi dell’art. 88, comma 4-bis TUIR, a comunicare alla società il valore fiscalmente riconosciuto del credito. Secondo le indicazioni fornite dall’Amministrazione finanziaria sembra che il socio non sia tenuto ad effettuare alcuna comunicazione alla società. Trattandosi di finanziamento effettuato da una persona fisica “privata” direttamente nei confronti della società partecipata, il valore fiscalmente riconosciuto del credito sarà sempre corrispondente all’importo del credito rinunciato. Conseguentemente neppure il socio sarà tenuto ad effettuare alcuna comunicazione alla società stante l’irrilevanza della sopravvenienza attiva. Il chiarimento è stato fornito, sia pure con riferimento alla diversa ipotesi di rinuncia del TFM, dall’Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 124/E del 2017.