Rinuncia dei soci al finanziamento: gli effetti sul bilancio

Al fine del rafforzamento patrimoniale della società può capitare che i soci decidano di rinunciare all’incasso dei propri crediti per finanziamenti erogati in favore della società. Così facendo, ad esempio, prescindendo dalla possibilità di sospensione delle perdite di esercizio concessa dal “milleproroghe 2023” (articolo 3, comma 9, D.L. 198/2022) anche per il 2022, si può evitare la configurazione delle ipotesi delle cd. perdite rilevanti (articoli 2446, secondo e terzo comma, 2447, 2482-bis, quarto, quinto e sesto comma, e 2482-ter, c.c.), nonché della causa di scioglimento della società in conseguenza di perdite (articoli 2484, primo comma, numero 4), e 2545-duodecies, c.c.). La rinuncia dei soci alla restituzione in proprio favore di finanziamenti precedentemente erogati alla società, sotto il profilo giuridico, è riconducibile all’istituto della remissione del debito di cui all’articolo 1236 c.c. Si tratta, quindi, di un atto unilaterale, in forza del quale il creditore (in questo caso il socio) rinuncia (parzialmente o totalmente) al proprio credito, e recettizio, che diviene, quindi, efficace quando è comunicato al debitore. Il principio contabile OIC 28 Patrimonio netto, al prg. 36, stabilisce che “la rinuncia del credito da parte del socio - se dalle evidenze disponibili è desumibile che la natura della transazione è il rafforzamento patrimoniale della società - è trattata contabilmente alla stregua di un apporto di patrimonio a prescindere dalla natura originaria del credito. Pertanto, in tal caso la rinuncia del socio al suo diritto di credito trasforma il valore contabile del debito della società in una posta di patrimonio netto”. In pratica, in capo alla società beneficiaria della rinuncia si determina la conversione del debito in una posta del patrimonio netto. La riserva generata dalla rinuncia ha natura di riserva di capitale in quanto consegue ad apporti di denaro dei soci. E’ importante precisare che per effetto della rinuncia, il credito del socio viene acquisito indistintamente al patrimonio nella società, vale a dire che ne beneficiano in termini di accrescimento patrimoniale anche gli altri soci. In buona sostanza, con la rinuncia i finanziamenti cessano di essere targati, cioè intestati al socio che li ha erogati, tuttavia con il consenso unanime dei soci è possibile attribuirli ai soci che hanno effettuato la rinuncia (in tal senso si è espresso il Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento I.G.31, 9/07). Per preservare l’intestazione al singolo socio un’ipotesi può essere rappresentata dalla loro imputazione ai ‘versamenti in conto futuro aumento di capitale sociale’, ovvero ad un aumento di capitale sociale, nonché ai ‘versamenti in conto aumento di capitale sociale’. Secondo quanto rappresentato nel citato OIC, la riserva ‘versamenti in conto futuro aumento di capitale sociale’ accoglie i versamenti non restituibili effettuati dai soci in via anticipata, in vista di un futuro aumento di capitale. Si badi però che se la delibera di aumento, per qualsiasi ragione non viene eseguita nei termini previsti, la relativa riserva deve essere rimborsata. Si concretizza, infatti, il venir meno della causa che giustifica l’attribuzione in favore della società (Cass. Civ., sent. n. 16049, 29/07/2015). Il principio contabile relativo al patrimonio netto afferma che la riserva ‘versamenti in conto aumento capitale sociale’ riporta gli importi di capitale sottoscritti dai soci, in ipotesi di aumento di capitale scindibile, quando la procedura di aumento del capitale sia ancora in corso alla data di chiusura del bilancio (art. 2481 bis c.c.).

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