Dal 13 agosto 2022, tutti i datori di lavoro debbono tener conto delle prescrizioni previste dal decreto Trasparenza (D.Lgs. n. 104/2022). Tra le tantissime informazioni e modifiche relative al diritto del lavoro, ce ne sono alcune che riguardano l’orario di lavoro e, in particolare, i riposi: settimanale e giornaliero. Questi sono richiamati, nello specifico, nelle lettere o) e p) dell’art. 4, nonché nel comma 2 dell’art. 8, che riportiamo nella parte che ci interessa: “Il datore di lavoro può limitare o negare al lavoratore lo svolgimento di un altro e diverso rapporto di lavoro qualora sussista una delle seguenti condizioni: a) un pregiudizio per la salute e la sicurezza, ivi compreso il rispetto della normativa in materia di durata dei riposi”. Questi due elementi (informazioni sull’orario di lavoro e cumulo), che apparentemente non sembrano legati, lo divengono se si considera che riposo settimanale e riposo giornaliero debbono essere salvaguardati, anche se i rapporti di lavoro sono più di uno. Regole di riferimento La prima cosa da tener presente è che sarà necessario chiedere ad ogni lavoratore che assumiamo di informarci se ha un altro rapporto di lavoro. Questa informazione ci sarà necessaria sia se il nostro sarà l’unico lavoro (in modo da poter applicare la disciplina ordinaria), ma soprattutto se rappresenterà il secondo o il terzo lavoro. Ricordiamo anche, in relazione al solo cumulo, che le informazioni relative all’/agli ulteriore/i rapporto/i di lavoro sono indispensabili, in caso di infortunio sul lavoro occorso a un lavoratore con due o più rapporti, per poter gestire la denuncia di infortunio e i successivi adempimenti, in quanto per l’INAIL l’operatività è unica. Su questo tema si è espresso anche il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 2 del 2003, i cui contenuti, seppur relativi al part-time, si possono applicare a tutti gli altri tipi di rapporto. La circolare fa riferimento a un quesito posto dall’INAIL al Ministero del Lavoro relativamente all’infortunio occorso a un lavoratore con più rapporti di lavoro part-time, riguardante la determinazione dell'indennità giornaliera e la qualificazione, sotto il profilo giuridico, dell'assenza del lavoratore presso il datore di lavoro diverso da quello presso il quale fosse avvenuto l'infortunio. Il Ministero, a questo riguardo, ha affermato che l’indennità per inabilità temporanea assoluta ha natura sostitutiva della retribuzione e ha lo scopo di risarcire il lavoratore del mancato guadagno avvenuto a causa dell'infortunio. Per tale motivo, l'ammontare dell’indennità deve essere rapportato alla somma delle retribuzioni che il lavoratore percepisce e, quindi, non limitatamente a quella erogata dal datore di lavoro presso cui si è infortunato. Per quanto attiene la natura dell’assenza del lavoratore, il Ministero ritiene che l’assenza per infortunio debba essere considerata tale nei confronti di tutti i datori di lavoro. Sarà, quindi, necessario avere le informazioni sul/sugli altro/i datore/i di lavoro e all’uopo sarà opportuno, all’interno del contratto di lavoro, mettere nero su bianco che il lavoratore non abbia ulteriori rapporti di lavoro, ovvero che abbia ulteriori rapporti di lavoro, dei quali occorrerà farsi indicare, con documento a parte, i riferimenti. Il fatto che questo sia un obbligo per il lavoratore in relazione all’orario di lavoro veniva già sancito dal Ministero del lavoro nella circolare n. 8 del 2005, che testualmente recita: “Il lavoratore ha diritto al periodo di riposo giornaliero anche qualora sia titolare di più rapporti di lavoro. Peraltro, poiché non esiste alcun divieto di essere titolari di più rapporti di lavoro non incompatibili, il lavoratore ha l'onere di comunicare ai datori di lavoro l'ammontare delle ore in cui può prestare la propria attività nel rispetto dei limiti indicati e fornire ogni altra informazione utile in tal senso”. Proprio queste ultime parole ci inducono ad affrontare gli elementi essenziali dei due riposi (giornaliero e settimanale), alla luce sia degli obblighi informativi che di gestione del rapporto di lavoro in caso di cumulo di più rapporti. Riposo settimanale In primis, va detto che il riposo settimanale è un diritto costituzionalmente garantito (art. 36, Cost.). Ad esso non si può rinunciare in alcuna maniera, neanche su accordo tra le parti, poiché siamo di fronte a uno dei cosiddetti diritti indisponibili e anzi il datore di lavoro deve addirittura obbligare il lavoratore ad usufruirne. Si ritiene che debba essere data al lavoratore un’informazione specifica di tale obbligo. Le 24 ore stabilite per il riposo settimanale devono essere continuative e non possono essere frazionate, come indicato chiaramente dal Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale nell’interpello del 5 novembre 2007, n. 25/I/0014084, ove si afferma che: “la Corte Costituzionale ha già stabilito in materia che la consecutività delle ventiquattro ore è un elemento essenziale del riposo settimanale, in quanto consente di distinguerlo e di non sovrapporlo al riposo giornaliero e a quello annuale (sentt. n. 150 del 1967 e n. 102 del 1976)”, nonché “affinché l’interruzione del lavoro una volta alla settimana sia effettiva, per consentire al dipendente il recupero delle energie psicofisiche e per assicurargli un congruo periodo di tempo da destinare ad attività ricreative per sé e per la famiglia – che è lo scopo umano e sociale del precetto costituzionale – è necessario che il riposo settimanale non coincida nemmeno in parte con il riposo giornaliero, ma da questo rimanga ben distinto. Frazionare il riposo settimanale (che deve essere di 24 ore consecutive) in modo da sovrapporre ogni frazione di esso al riposo giornaliero significa, infatti, frustrare la finalità del precetto voluto dal costituente” (sent. n. 23 del 1982). Questo significa, ad esempio, che lavorare la domenica (se questo è il giorno di riposo settimanale), anche non per l'intera giornata ma solo per poche ore, comporta il diritto del lavoratore a recuperare un'intera giornata di riposo. Ricordiamo anche che il riposo settimanale può essere calcolato come media in un periodo non superiore a 14 giorni (su questo vedasi la circolare del Ministero del Lavoro. n. 34/2010). A questo riguardo ci preme anche ricordare che, se il lavoratore lavora nel giorno di riposo settimanale, lo stesso deve essere retribuito sia se gode di un riposo compensativo sia se non ne gode. Qui abbiamo due ipotesi: se non gode del riposo compensativo, deve avere un ventiseiesimo della retribuzione, una maggiorazione per il lavoro festivo o in mancanza quello straordinario e un compenso per la gravosità del lavoro; se ne gode, ha comunque diritto alla maggiorazione per lavoro festivo, poiché il lavoro in tale giornata comporta sempre un disagio per il lavoratore che più difficilmente può fruire degli svaghi e degli affetti della vita familiare e sociale (Cass. 6 settembre 2007, n. 18708). A questo proposito, rammentiamo che il lavoratore può essere ricompensato sia attraverso la retribuzione che attraverso altri istituti, come, ad esempio, concessione di rol e permessi, incremento di riposi settimanali, etc., come la giurisprudenza ha ampiamente sottolineato (per tutte, Corte Cost., sent. n. 16 del 1987 e Cass. n. 9146 del 2001). Sul tema del riposo è importante aver, anche, presente il rapporto tra giorno di riposo settimanale e reperibilità. La reperibilità è una prestazione accessoria che obbliga il lavoratore a poter essere rintracciato in maniera rapida per rendere la prestazione lavorativa. Secondo la Cassazione (Cass. 18 dicembre 2014, n. 26723), la reperibilità, con inclusione del giorno di riposo settimanale, limita quest’ultimo, facendo maturare il diritto a uno specifico compenso aggiuntivo, che deve essere determinato dalla contrattazione collettiva oppure dal giudice senza far maturare il riposo compensativo. Questo perché, parafrasando le parole della Corte, il diritto a un giorno di riposo compensativo, il cui riconoscimento, attesa la diversa incidenza sulle energie psicofisiche del lavoratore della disponibilità allo svolgimento della prestazione rispetto al lavoro effettivo, non può trarre origine dall'art. 36, Cost., ma la cui mancata concessione è idonea a integrare un'ipotesi di danno non patrimoniale (per usura psico-fisica) da fatto illecito o da inadempimento contrattuale, risarcibile in caso di pregiudizio concreto patito dal titolare dell'interesse leso, sul quale grava, però, l'onere della specifica deduzione e della prova. Riposo giornaliero Il riposo giornaliero è quel periodo di non lavoro, pari a 11 ore consecutive ogni 24 ore, calcolate dall'ora di inizio della prestazione lavorativa. Su questo elemento la contrattazione collettiva può derogare (e in questo caso è necessario darne informazione al lavoratore). Questo tipo di riposo deve essere fruito in modo consecutivo, fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilità (a questo riguardo possono essere estese le considerazioni riportate per il riposo settimanale). Sulla frazionabilità è intervenuto il Ministero del Lavoro, che, con l’interpello n. 34 del 2010, pur riferendosi al settore turistico, ha chiarito che le attività di ristorazione e le attività di pulizie, ivi compresa la pulizia e il riassetto delle camere d'albergo, possono essere utilizzate per periodi di lavoro frazionati. Più in generale, il Ministero ritiene che rientri nella fattispecie dei periodi di lavoro frazionati il cosiddetto “turno spezzato”, fermo restando l'obbligo di rispettare la durata dell'orario giornaliero prevista dal CCNL. La contrattazione collettiva del settore turismo, inoltre, ha disposto che, in caso di attività di lavoro organizzate in turni settimanali o plurisettimanali, ogni qualvolta il lavoratore cambi squadra e non possa usufruire, tra la fine del servizio di una squadra e l'inizio di quello della squadra successiva, del periodo di riposo giornaliero, lo stesso potrà essere goduto in forma frazionata, fermo restando che i due turni di lavoro non potranno in alcun caso essere consecutivi. A questo riguardo è interessante ricordare che, per il frazionamento, il Ministero ha spiegato, nell’interpello 23 febbraio 2006 (prot. n. 25/I/0001769), come si debba ritenere che, in assenza di specifica disciplina derogatoria da parte del CCNL applicato, il riposo frazionato non possa legittimamente svolgersi, sulla base della previsione di un doppio turno di 6 ore giornaliere, con un intervallo di 6 ore tra un turno e l'altro, non essendo in tal caso rispettato il limite di 11 ore di riposo consecutive calcolate dall'inizio della prestazione lavorativa. Questo perché ogni turno di 6 ore deve essere considerato come un turno a sé stante. Altra interessante riflessione sul tema del riposo giornaliero è quella espressa sempre dal Ministero del Lavoro nella Nota n. 13 del 29 maggio 2008, ove viene affrontata la relazione tra lavoro a distanza e riposo giornaliero, arrivando ad affermare, con riferimento al lavoro a distanza e al telelavoro, come sia coerente, con il rispetto dei principi generali della protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori, la fruizione del riposo giornaliero di 11 ore nelle 24 ore, anche con modalità frazionata, sempre rispettando la disciplina collettiva del telelavoro. Il Ministero afferma che, tenuto conto della particolare modalità di svolgimento della prestazione resa nella forma del telelavoro, inteso come attività lavorativa svolta dal dipendente senza la sua presenza fisica all'interno dei locali aziendali, tale frazionamento sia possibile se definito dalla contrattazione collettiva, in quanto avviene “da remoto”, comportando così un disagio ridotto per il lavoratore. A questo proposito, una riflessione si potrebbe porre sul frazionamento nello smart working, in quanto lavoro da remoto, e sull’utilità di un accordo di secondo livello al riguardo. Cumulo tra riposo settimanale e giornaliero Un’ultima osservazione va fatta sul cumulo tra riposo giornaliero e settimanale, relazione che comporta che le due fattispecie si sommino (35 ore complessive). Su questo tema il Ministero si è espresso con la circolare n. 8 del 2005 e, successivamente, con la risposta a interpello dell’11 ottobre 2007, n. 30 (prot. n. 25/I/0013039), in cui viene affermato che non sono legittime tutte quelle ipotesi in cui, pur concedendo il riposo delle 24 ore consecutive, il datore di lavoro non consenta il cumulo con il riposo giornaliero e, pertanto, non abbia concesso le 35 ore di riposo complessivo. Secondo il Ministero, è evidente che il riferimento alle “35 ore complessive” indica una precisa scelta dell'interprete, intendendo un cumulo “effettivo” e non puramente “formale” tra i diversi tipi di riposo. Queste le attenzioni da mettere in campo, anche nel confezionare le informazioni previste dal decreto Trasparenza, al momento dell’instaurazione del rapporto di lavoro, ovvero su richiesta dei lavoratori in essere al 13 agosto 2022 (abbiamo 60 giorni di tempo per rispondere), ovvero nel gestire il cumulo dei rapporti.