L’Agenzia delle Entrate ha emanato la risposta a interpello n. 176 del 31 maggio 2019 riguardante la rivalsa da accertamento. L’articolo 60, c. 7 del d.P.R. 633/72, prevede che il contribuente ha diritto di rivalersi dell'imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltanto a seguito del pagamento dell'imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi. In tal caso, il cessionario o il committente può esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto l'imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa ed alle condizioni esistenti al momento di effettuazione della originaria operazione. In questo modo si consente l’esercizio del diritto di rivalsa della maggiore imposta accertata a condizione che il cedente/prestatore abbia definitivamente corrisposto le somme dovute all’erario. In tal modo si mira a ripristinare, anche nelle ipotesi di accertamento, la neutralità garantita dal meccanismo della rivalsa e dal diritto di detrazione consentendo il normale funzionamento dell’IVA, la quale deve, per sua natura, colpire i consumatori finali e non gli operatori economici. La rivalsa a seguito di accertamento si differenzia da quella ordinariamente prevista in quanto ha carattere facoltativo, si colloca temporalmente in epoca successiva all’effettuazione dell’operazione e presuppone l’avvenuto versamento definitivo della maggiore IVA accertata da parte del cedente/prestatore. Per tale motivo affinché la neutralità sia effettivamente ripristinabile è stato chiarito che il diritto di rivalsa è ammesso a condizione che l’accertamento abbia consentito l’individuazione esatta della società cessionaria e la riferibilità dell’IVA accertata alle operazioni di cessione effettuate. Anche in presenza di tutte le condizioni necessarie a rendere il diritto potenzialmente esistente, la rivalsa, pur astrattamente configurabile, potrebbe non essere più esercitabile. L’Agenzia ha già chiarito come la rivalsa risulta preclusa a far data dalla cancellazione della società cessionaria dal registro delle imprese ai sensi dell’articolo 2495 c.c. che ha comportato l’estinzione societaria definitiva. Questo discende dalla natura privatistica della rivalsa e dal fatto che la stessa inerisca non al rapporto tributario ma ai rapporti interni tra contribuenti. Infatti, in caso di mancato pagamento dell’IVA da parte dell’acquirente del bene o del servizio, l’unica possibilità consentita al fornitore per il recupero dell’IVA pagata all’erario ma non incassata è quella di adire l’ordinaria giurisdizione civilistica. L’estinzione del cessionario/committente, pertanto, fa sì che il diritto di rivalsa, pur astrattamente riconosciuto, debba ritenersi in tali ipotesi non esercitabile.