Scade il 16 novembre (il 15 cade di domenica) il termine per poter rivalutare terreni e partecipazioni non negoziate su mercati regolamentati. È quanto stabilito dalla legge di conversione (legge n. 77/2020) del decreto Rilancio che ha differito dal 30 settembre al 15 novembre 2020 il termine per optare per la rideterminazione del costo fiscale dei terreni (agricoli ed edificabili) e delle partecipazioni non quotate posseduti dai soggetti non imprenditori a decorrere dal 1° luglio 2020. Con il decreto Rilancio (D.L. n. 34/2020), era stata già estesa la possibilità di rideterminare il costo di acquisto di terreni e partecipazioni posseduti alla data del 1° luglio 2020, ma a condizione che l’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi - prevista nella misura unica dell’11% - fosse versata entro il 30 settembre ed entro la stessa data fosse redatta e giurata la perizia di stima. Si trattava di un’ennesima proroga della norma relativa alla rivalutazione, se solo si considera che la legge di Bilancio 2020 (legge n. 160/2019) aveva riaperto i termini per poter beneficiare dell’agevolazioni in commento fino al 30 giugno 2020 per i terreni e le partecipazioni non quotate posseduti al 1° gennaio 2020. Per fruire della norma agevolativa: - persone fisiche non esercenti attività d’impresa - società semplici, società e associazioni ad esse equiparate ai sensi dell’art. 5 TUIR - enti non commerciali per quel che attiene alle attività non inerenti all’attività d’impresa - soggetti non residenti, privi di stabile organizzazione in Italia devono possedere alla data del 1° luglio 2020: - terreni edificabili o con destinazione agricola - partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati (la norma non distingue tra partecipazioni qualificate e non). Nota bene Con risposta a interpello 3 settembre 2020, n. 308, l’Agenzia delle entrate ha chiarito - con riferimento alla locuzione di “partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati” rilevante al fine dell’accesso alla rivalutazione - che nella nozione di mercato regolamentato è ricompreso il sistema multilaterale di negoziazione “Aim Italia” (mercato della Borsa Italiana dedicato alle PMI con alto potenziale di crescita), escludendo così di fatto tali azioni dal perimetro applicativo della rivalutazione. Questa interpretazione era già stata di fatto anticipata nella circolare (versione attualmente in bozza) rubricata “Nozione di mercato regolamentato rilevante nella normativa in materia di imposte sui redditi” del 29 luglio 2020, ove con specifico riferimento ai sistemi multilaterali di scambio risulta indicato che l’assimilazione a un mercato regolamentato discenderebbe dalla esistenza di una normativa sulle negoziazioni. Entro il 15 novembre 2020: - un professionista abilitato (ad esempio dottore commercialista, geometra, ingegnere) deve redigere e asseverare la perizia di stima della partecipazione o del terreno; - il contribuente deve versare la prima o unica rata dell’imposta sostitutiva in misura pari all’11% del valore di perizia. Nota bene Se il versamento dell’imposta sostitutiva viene effettuato in maniera dilazionata, fino a un massimo di tre rate annuali di pari importo, il contribuente dovrà corrispondere gli interessi nella misura del 3% annuo a partire dal 15 novembre 2020 (15 novembre 2021 e il 15 novembre 2022). L’imposta sostitutiva deve essere calcolata sull’intero valore della perizia e non solo sul differenziale tra il valore di perizia e il costo fiscalmente riconosciuto del bene oggetto della rivalutazione stessa. L’opzione per la rideterminazione del costo o valore di acquisto delle partecipazioni non quotate e la conseguente obbligazione tributaria si considerano perfezionate con il versamento, entro il termine previsto: - dell’intero importo dell’imposta sostitutiva dovuta, ovvero - (in caso di pagamento rateale) della prima rata. In caso di precedenti rivalutazioni Inoltre, nel caso in cui i contribuenti abbiano già effettuato una precedente edizione della rivalutazione del valore dei medesimi beni, è ammessa la detrazione dall’imposta sostitutiva dovuta per la nuova rivalutazione dell’importo relativo all’imposta sostitutiva già versata. Infatti, come chiarito nella circolare n. 47/E del 2011, il contribuente, qualora lo ritenga opportuno, può rideterminare il valore delle partecipazioni o dei terreni anche nell’ipotesi in cui abbia già in precedenza usufruito di analoghe disposizioni agevolative e anche quando l’ultima perizia giurata di stima riporti un valore inferiore a quello risultante dalla perizia precedente. Al ricorrere di tale fattispecie, il contribuente non è tenuto al versamento delle rate ancora pendenti della precedente rivalutazione e può scomputare dall’imposta sostitutiva dovuta quella eventualmente già corrisposta in occasione di precedenti procedure di rivalutazione effettuate con riferimento ai medesimi beni. Ad ogni modo, la rivalutazione assume rilevanza solo ai fini della determinazione delle plusvalenze di cui all’art. 67, comma 1, lettere a), b) c) e c-bis), TUIR ossia, in termini concreti, si applica - in luogo del costo o valore di acquisto - il valore a tale data determinato sulla base di una perizia giurata di stima, a condizione che il predetto valore sia assoggettato a una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi. Diversamente, l’assunzione del valore di perizia in luogo del costo o valore di acquisto non consente il realizzo di minusvalenze utilizzabili in compensazione o riportabili nei periodi d’imposta successivi, ai sensi dell’art. 68 TUIR. Pertanto, in caso di successiva cessione delle partecipazioni rivalutate ai sensi dell’art. 5, legge n. 448/2001, se il valore di perizia dovesse essere superiore al prezzo di cessione, la minusvalenza non può assumere rilevanza fiscale per il contribuente, come chiarito anche dall’Agenzia delle Entrate (circolare 15 febbraio 2013, n. 1/E, par. 4.1). Esempio n. 1 Si ipotizzi che il costo di acquisto di una partecipazione detenuta da una persona fisica fuori dal regime d’impresa sia pari a 30.000 euro, che la persona fisica intenda cederla e che il valore di cessione sia pari a 90.000 euro. Laddove il contribuente non proceda con la rivalutazione, l’imposta sostitutiva del 26% sarebbe pari a 15.600 euro (ossia il 26% sul plusvalore di cessione di 60.000). Si supponga che, prima di cedere la partecipazione, il contribuente decida di rivalutare il suo costo di acquisto e il valore di perizia sia pari a 90.000 euro (lo stesso valore della cessione). Il contribuente affranca tale maggior valore pagando la sostituiva dell’11%, ossia 9.990 euro (90.000 x 11%) ottenendo così un significativo risparmio d’imposta all’atto della cessione della partecipazione stessa (9.990 euro contro 15.600 euro). Esempio n. 2 Si ipotizzi che il costo di acquisto di una partecipazione detenuta da una persona fisica fuori dal regime d’impresa sia pari a 30.000 euro, che la persona fisica intenda cederla e che il valore di cessione sia pari a 35.000 euro. Si supponga che, prima di cedere la partecipazione, il contribuente decida di rivalutare il suo costo di acquisto e il valore di perizia sia pari a 40.000 euro (valore superiore a quello di vendita della partecipazione). In tal caso, la minusvalenza non assume alcuna rilevanza fiscale per il contribuente. Rischio abusi? Sul tema della rideterminazione del costo fiscale delle partecipazioni possedute da soggetti non imprenditori, l’Agenzia delle Entrate si è pronunciata di recente in più occasioni considerano abusive alcune operazioni di leveraged cash out. In altri termini, l’Amministrazione finanziaria (cfr. ex multis, risposte a istanze di interpello n. 242 del 2020 e n. 341 del 2019) nell’esaminare un’operazione: - basata sulla costituzione di una newco che contrae un debito bancario per l’acquisizione delle partecipazioni nella società target - seguita dalla cessione alla stessa delle quote della società target previamente rivalutate dai soci ex art. 5 della legge n. 448/2001 e, infine - da una fusione inversa della newco nella società target che consente l’ingresso di un nuovo socio ha ritenuto che i soci avrebbero conseguito un vantaggio fiscale indebito derivante dall’aggiramento del regime fiscale sul recesso “tipico” che avrebbe dato luogo all’applicazione della ritenuta a titolo di imposta del 26%.