La legge di Bilancio 2019 ha riproposto ancora una volta la riapertura dei termini per effettuare la rivalutazione dei terreni e delle partecipazioni non quotate. L’occasione sarebbe stata propizia per risolvere alcune criticità e dubbi che si sono manifestati in passato, in occasione delle precedenti rivalutazioni. In realtà, il legislatore sembra aver perso l’opportunità per regolare in modo chiaro la materia. Al contrario quest’ultimo intervento legislativo, se da una parte non è stato decisivo nel migliorare l’impianto normativo della rivalutazione, dall’altra ha addirittura reso l’operazione ancor più onerosa. Occorre quindi sottolineare che sussiste il concreto rischio che le aspettative di gettitovengano disattese laddove i contribuenti non utilizzino la nuova opportunità di rivalutazione, ritenendola di fatto poco conveniente. In questa sede non si procederà ad esaminare dei dettagli i contenuti del provvedimento che ha riaperto i termini della rivalutazione. L’esame riguarderà nei dettagli più specificamente le criticità dell’operazione di rivalutazione. La perizia giurata: la problematica della data I presupposti per effettuare la rivalutazione sono stati modificati dall’art. 1, comma 1053, della legge di Bilancio 2019. La rivalutazione dei predetti beni, in grado di generare redditi diversi ai sensi dell’art. 67 TUIR, in quanto posseduti al di fuori dell’attività di impresa, è consentita per i soli cespiti detenuti alla data del 1° gennaio 2019. Inoltre, la rivalutazione subordinata alla condizione che il maggior valore risulta da un’apposita perizia di stima giurata alla data del 30 giugno 2019. In passato sono sorte diverse controversie nel caso in cui il giuramento della perizia fosse stato effettuato nei termini previsti dalla legge, ma successivamente all’atto di vendita del bene oggetto di rivalutazione. Si è verificato di frequente che i locali uffici dell’Agenzia delle Entrate abbiano in questo caso disconosciuto gli effetti della rivalutazione accertando la realizzazione di plusvalori frequentemente di ingente entità. Secondo questa interpretazione, il giuramento della perizia avrebbe dovuto sempre essere effettuato anteriormente all’atto di vendita del bene. La tesi sostenuta dall’Amministrazione finanziaria aveva quale conseguenza l’applicazione dell’art. 68 TUIR in ordine ai criteri di determinazione della plusvalenza. Era quindi irrilevante la rivalutazione effettuata e il plusvalore avrebbe dovuto essere determinato effettuando la differenza tra il corrispettivo e il costo non rivalutato. Ne conseguiva l’irrogazione della sanzione e degli interessi, oltre alla maggiore imposta dovuta. L’orientamento della Corte di Cassazione La Corte di Cassazione si è espressa in più di un’occasione in senso contrario rispetto all’orientamento dell’Amministrazione finanziaria. La Suprema Corte ha evidenziato che può essere preso in considerazione come valore iniziale, in luogo del costo o del valore di acquisto, quello determinato “sulla base di una perizia giurata anche se asseverata in data successiva alla stipulazione, attesa l’assenza di limitazioni poste dalla legge a tal proposito”. Sul punto si sono tra l’altro espresse due ordinanze, rispettivamente la n. 26714 del 28 novembre 2013 e la n. 10461 del 14 maggio 2014. L’interpretazione del giudice di legalità è quindi fondata quasi esclusivamente sulla mera lettura della norma con una soluzione del problema ad essa aderente. La modifica “parziale” dell’orientamento delle Entrate A seguito della modifica dell’orientamento del giudice di legalità l’Agenzia delle Entrate ha modificato la precedente interpretazione. Tuttavia, il cambiamento di interpretazione dell’Amministrazione finanziaria, anche se rilevante, è pur sempre parziale. Secondo quanto affermato dalla risoluzione n. 53/E del 27 maggio 2015, il giuramento della perizia può essere anche successivo rispetto al rogito notarile. Ciò a condizione, però, che il giuramento sia effettuato entro il termine ultimo che dalla legge di Bilancio 2019 è stato stabilito con il giorno 30 giugno 2019. Tuttavia, la stessa Agenzia delle Entrate continua a pretendere, e presumibilmente sarà così anche con riferimento alla recente riapertura dei termini, che la redazione della perizia sia antecedente all’atto di vendita. In buona sostanza, è necessario distinguere la data di redazione della perizia rispetto a quella del giuramento. Infatti, mentre la data della perizia, secondo la tesi delle Entrate, deve sempre precedere l’atto di cessione del terreno, il giuramento può anche essere successivo. Ad esempio La perizia può essere redatta il 30 aprile dell’anno 2019, e la cessione del terreno può essere effettuata il 10 maggio del medesimo anno. In questo caso la rivalutazione è pienamente efficace se il giuramento viene effettuato entro il 30 giugno 2019. Secondo l’Agenzia delle Entrate, la circostanza che la redazione della perizia debba sempre essere precedente rispetto all’atto di vendita, ma non il giuramento, trova origine nella necessità che il cedente dia atto dell’intervenuta rivalutazione del terreno nell’atto di vendita stesso. Se la redazione della perizia fosse successiva alla data di vendita del terreno, il cedente non potrebbe esplicitare l’avvenuta rivalutazione nel rogito notarile. Sotto questo profilo il cambiamento dell’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate è solo parziale e non completamente conforme all’orientamento della Corte di Cassazione.