Si inaugura la stagione delle dichiarazioni annuali con il primo appuntamento: il versamento del saldo IVA dovuto in base alla dichiarazione annuale. Infatti, la data non è cambiata: entro il 18 marzo 2019 (a dire il vero la scadenza originaria è fissata al 16 marzo ma quest’anno cade di sabato e quindi slitta al lunedì successivo) i soggetti IVA che chiudono la dichiarazione annuale con un debito d’imposta sono chiamati a versare l’imposta. A dire il vero, non si tratta di un termine perentorio in quanto è possibile spostare in avanti il versamento. Infatti, pur non essendoci più la dichiarazione unificata, è rimasta in vigore la possibilità di versare il saldo IVA, applicando una maggiorazione dello 0,4% per ogni mese o frazione di ritardo, entro lo stesso termine di versamento delle imposte che scaturiscono dalla dichiarazione dei redditi. Quest’anno l’adempimento, pur essendo confermato nelle sue linee generali presenta alcune particolarità di cui occorre tener conto per non sbagliare i calcoli. Come si calcola il saldo IVA I soggetti IVA devono effettuare il versamento del saldo dell’eventuale imposta a debito risultante dalla dichiarazione annuale entro il 16 marzo di ciascun anno. Il versamento del saldo annuale IVA è dovuto se, in seguito alla compilazione della dichiarazione IVA annuale, risulta un debito d'imposta al rigo VL38 (Totale IVA dovuta). L'importo da versare (il versamento minimo è pari a 10 euro), che poi va indicato nel rigo VX1, si calcola sottraendo all'importo indicato nel rigo VL32 (IVA a debito) i crediti utilizzati di cui ai righi VL34 (Crediti d’imposta utilizzati in dichiarazione annuale) e VL35 (Crediti ricevuti da società di gestione del risparmio utilizzati in dichiarazione annuale) e sommando gli interessi trimestrali eventualmente dovuti di cui al rigo VL36. In caso di compilazione del rigo VL40 (Versamenti effettuati a seguito di utilizzo in eccesso del credito), ad esclusione delle ipotesi di compilazione del predetto rigo da parte di soggetti che hanno partecipato alla liquidazione dell'IVA di gruppo, l'importo da indicare nel quadro VX è costituito dalla differenza tra gli importi indicati nei righi VL38 e VL40. Come si versa il saldo IVA Per quanto riguarda la compilazione del modello F24 va ricordato che: - il codice tributo da indicare è il 6099 - Versamento IVA sulla base della dichiarazione annuale; - il periodo di riferimento deve essere espresso nella forma AAAA. Il versamento deve essere effettuato mediante modalità telematiche, con l’obbligo di utilizzo dei servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle Entrate, nel caso in cui si effettuino compensazioni orizzontali nel modello F24. Nota bene Da segnalare anche che, pur non essendoci più la dichiarazione unificata, è ancora possibile versare il saldo annuale IVA entro il termine previsto per il versamento del saldo delle imposte derivanti dalla dichiarazione dei redditi, con la maggiorazione dello 0,40% a titolo d'interesse per ogni mese o frazione di mese successivo al termine di scadenza ordinario fissato al 16 marzo. In sintesi, dunque, le alternative sono: 1) versare in un’unica soluzione entro il 18 marzo 2019 oppure rateizzare dal 18 marzo, con la maggiorazione dello 0,33% mensile dell’importo di ogni rata successiva alla prima; 2) versare in unica soluzione entro la scadenza di versamento del saldo da modello Redditi(quest’anno fissata al 1° luglio 2019) con la maggiorazione dello 0,40% per ogni mese o frazione di mese successivi, con possibilità di differire il versamento di ulteriori 30 giorni (quindi entro il 31 luglio 2019) con la maggiorazione dell'ulteriore 0,40% oppure rateizzare dalla data di pagamento delle somme dovute in base al modello Redditi, maggiorando dapprima l’importo da versare con lo 0,40% per ogni mese o frazione di mese successivi al 16 marzo e quindi aumentando dello 0,33% mensile l’importo di ogni rata successiva alla prima. Il problema del riporto dei versamenti periodici omessi Una delle principali novità in cui si imbatte chi si accinge a calcolare il debito (o credito) annuale IVA deriva dalla lettura delle istruzioni di compilazione del rigo VL33 (Totale IVA a credito) del modello di quest’anno. Infatti, ci si accorge subito che qualcosa è cambiato rispetto allo scorso anno. Le istruzioni di quest’anno recitano: “calcolare la differenza tra la somma degli importi dei crediti (rigo VL4, VL11, campo 1, e da rigo VL24 a VL31) e la somma degli importi dei debiti (rigo VL3 e da rigo VL20 a VL23). Se tale differenza è positiva nel presente rigo deve essere indicato l’importo che si ottiene considerando tra gli importi a credito il campo 3 del rigo VL30 (IVA periodica versata) in luogo del campo 1 del medesimo rigo. Nel calcolo del credito emergente dalla dichiarazione, infatti, occorre tenere conto esclusivamente dei versamenti effettuati. Qualora da tale calcolo emerga un importo negativo il presente rigo non deve essere compilato”. Nelle istruzioni del modello dello scorso anno, in corrispondenza dello stesso rigo, invece, si leggeva: “Rigo VL33 totale IVA a credito, da indicare nel caso in cui la somma degli importi dei crediti (rigo VL4, VL11, campo 1, e da rigo VL24 a VL31) risulti superiore alla somma degli importi dei debiti (rigo VL3 e da rigo VL20 a VL23). Il relativo dato si ricava per differenza dei predetti importi”. Volendo sintetizzare, è cambiato il modo di imputare i versamenti periodici IVA poiché, mentre lo scorso anno era possibile scomputare l'ammontare complessivo dell'imposta dovuta in base alle liquidazioni periodiche, anche se in tutto o in parte non versata, quest’anno ciò non è più fattibile. Il problema deriva dall’introduzione delle liquidazioni periodiche IVA (LIPE): se non viene versata, l’IVA derivante dalla liquidazione è recuperata dall’Agenzia delle Entrate in modo automatico ex art. 54-bis, D.P.R. n. 633/1972. Più precisamente, in caso di liquidazione a credito, nel rigo VL33 deve essere indicato l'importo che si ottiene considerando, tra le voci a credito, l'importo del campo 3 del rigo VL30 anziché quello del campo 1: in pratica, il contribuente deve scomputare non l'importo dei versamenti periodici dovuti, ma quello dei versamenti effettivamente eseguiti prima della presentazione della dichiarazione (e comunque entro il termine ordinario di presentazione), anche in esito alle comunicazioni di irregolarità. Qualora si determini un risultato negativo, in quanto l'importo dei versamenti non effettuati supera il credito del rigo VL33, il rigo stesso non deve essere compilato, per cui la dichiarazione annuale non evidenzierà alcun credito. Ad esempio Se la dichiarazione di quest’anno evidenzia: - imposta dovuta sulle operazioni imponibili di 40.000 euro; - IVA detraibile di 10.000 euro; - imposta periodica di 35.000 euro non versata; la dichiarazione non potrà chiudere con un credito di 5.000 euro (come sarebbe accaduto per la dichiarazione IVA dello scorso anno), ma dovrà chiudere con un saldo zero (VL32 e VL33 in bianco). Impedire l’imputazione, in dichiarazione, dell’eventuale IVA non versata genera, dunque, conseguenze negative sul saldo finale della dichiarazione. Ma il vero problema non è solo questo. Da tale meccanismo di calcolo derivano conseguenze di difficile soluzione. La prima, scontata, sta nel “costringere” il contribuente, una volta che ha saldato il conto con l’erario, a presentare una dichiarazione IVA integrativa per sistemare la sua posizione. Ma se questo è il male minore, che dire, allora, del caso in cui, ricevuto l’avviso bonario, si è optato per il versamento rateale? Occorrerà presentare tante dichiarazioni integrative quante sono le rate che via via si pagano? Come appare evidente da queste poche righe, la soluzione scelta dal Fisco per evitare un ovvio problema di tipo finanziario per le casse dello Stato rischia di trasformarsi in un vero e proprio “mostro giuridico”. La rettifica della detrazione per i contribuenti forfetari L’altro importante aspetto da tenere in considerazione ai fini del versamento deriva dalle novità introdotte dal 1° gennaio 2019 in materia di regime forfetario. Con l’innalzamento, per tutti, del limite di ricavi/compensi a 65.000 euro, è stata notevolmente estesa la platea di soggetti che possono transitare nel regime forfetario. Ma il passaggio dal regime ordinario a quello forfetario non è indolore. Infatti, i soggetti che si trovano nelle condizioni di poter beneficiare della nuova tassazione forfetaria, devono operare la rettifica della detrazione IVA (ai sensi dell’art. 19-bis2, D.P.R. n. 633/1972). In altre parole, va “restituita” la parte d’imposta scalata afferente beni e servizi non ancora ceduti o non ancora utilizzati. Pertanto, nel caso di ingresso nel regime, l’IVA relativa a beni e servizi non ancora ceduti o non ancora utilizzati deve essere rettificata in un’unica soluzione, senza attendere il materiale impiego degli stessi, fatta eccezione per i beni ammortizzabili, compresi i beni immateriali, la cui rettifica va eseguita soltanto se non siano ancora trascorsi quattro anni da quello della loro entrata in funzione, ovvero dieci anni dalla data di acquisto o di ultimazione se trattasi di fabbricati o loro porzioni. La rettifica va eseguita nella dichiarazione IVA dell’ultimo anno di applicazione delle regole ordinarie e il versamento dell’eventuale importo a debito va operato in un’unica soluzione. Nello specifico, i soggetti che sono passati al regime forfetario con effetto dal 1° gennaio 2019, devono compilare il rigo VF70 della dichiarazione IVA 2019. Per il calcolo dell’IVA “rettificata” è possibile servirsi dell’utile prospetto riportato nelle istruzioni di compilazione del modello.