La legge di Stabilità 2016 (art. 1, commi 115-120, legge n. 208/2015) ha introdotto un regime fiscale agevolato di carattere temporaneo, riproposto dall’art. 1, commi 100-105, della legge n. 197/2022 (legge di Bilancio 2023), per consentire l’assegnazione e la cessione agevolata ai soci di taluni beni immobili e beni mobili iscritti in pubblici registri, nonché per la trasformazione in società semplice delle società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione dei predetti beni. In particolare, i beni che possono formare oggetto di assegnazione e cessione agevolata ai soci sono, da un lato, i beni immobili diversi da quelli strumentali per destinazione, vale a dire diversi da quelli utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’attività d’impresa e, dall’altro, i beni mobili iscritti in pubblici registri, non utilizzati come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa. Il regime fiscale agevolato si applica ai fini sia delle imposte dirette che indirette, con eccezione dell’IVA. Non essendo, infatti, previste specifiche disposizioni agevolative in materia di imposta sul valore aggiunto, le assegnazioni/estromissioni, le cessioni e le trasformazioni agevolate sono assoggettate a IVA secondo le regole ordinarie, in conformità con le disposizioni dettate dalla direttiva n. 2006/112/CE. Il Ministero dell’Economia e delle finanze, nella risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-01057 del 5 luglio 2023, ha fornito alcuni chiarimenti in merito all’assegnazione e cessione agevolata di beni immobili acquistati in regime di esenzione IVA, a integrazioni delle indicazioni già rese dall’Agenzia delle Entrate nelle circolari n. 26/E e n. 37/E del 2016. Detraibilità dell’IVA “a monte” Il rispristino delle disposizioni agevolative ha un ambito applicativo limitato alle imposte dirette e indirette, con eccezione dell’IVA, per cui - per i profili di tale ultimo tributo - si applicano le regole ordinarie previste in caso di destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa per ciò che riguarda, in particolare, le modalità di determinazione della base imponibile e di rettifica della detrazione. L’assegnazione di beni ai soci realizza un’ipotesi di destinazione a finalità estranee all’esercizio d’impresa, sicché è applicabile anche ai casi di assegnazione di beni ai soci la previsione in materia di autoconsumo contenuta nell’art. 2, comma 2, n. 5), D.P.R. n. 633/1972, secondo cui l’IVA non è dovuta per i beni per i quali non è stata operata, all’atto dell’acquisto, la detrazione. In pratica, benché la norma in tema di assegnazione non subordini espressamente la rilevanza ai fini IVA dell’operazione alla condizione della detraibilità dell’imposta assolta “a monte”, assume rilevanza la posizione della prassi amministrativa secondo cui sono escluse dal campo di applicazione dell’imposta, per carenza del presupposto oggettivo, le assegnazioni di beni acquistati senza operare la detrazione, totalmente o parzialmente (si veda, per esempio, la circolare n. 40/E/2002, § 1.4.11). L’orientamento in esame discende, a sua volta, da quello della giurisprudenza comunitaria, per la quale l’assegnazione realizza un’ipotesi di destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa che deve essere ricondotta all’art. 5, par. 6, della VI direttiva CEE (ora art. 16 della direttiva n. 2006/112/CE), ove si escludono dall’imposta i beni d’impresa destinati all’uso privato dell’imprenditore o a finalità estranee all’impresa se, a monte, non è stata esercitata la detrazione (sentenza 17 maggio 2001, cause riunite C-322/99 e C-323/99). Le situazioni di indetraibilità sono essenzialmente riconducibili ai casi dei beni acquistati prima del 1973, cioè dell’introduzione dell’IVA nell’ordinamento interno, ovvero dei beni acquistati o importati senza il diritto alla detrazione, neppure parziale, della relativa imposta, ai sensi degli articoli 19, 19-bis1 e 19-bis2 del D.P.R. n. 633/1972, come nell’ipotesi dei beni acquistati presso “privati” o di quelli assegnati dall’operatore con pro rata di detrazione pari a zero. Come precisato nella risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-01057, tra le operazioni da ultimo richiamate rientrano anche le assegnazioni di immobili acquistati in esenzione da IVA. Infatti, in tale ipotesi, poiché all’atto dell’acquisto dell’immobile non è stato esercitato il diritto alla detrazione (trattandosi di operazione esente dall’IVA), la successiva assegnazione al socio del medesimo immobile esula dall’ambito di applicazione dell’imposta. L’art. 2, comma 2, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972 non si applica neppure se, relativamente ai beni per i quali non sia stata detratta l’IVA all’atto dell’acquisto, sono stati eseguiti interventi di manutenzione, riparazione, recupero per i quali si sia invece provveduto a detrarre la relativa imposta. In sede di assegnazione dell’immobile, occorre tuttavia operare la rettifica della detrazione a norma dell’art. 19-bis2 del D.P.R. n. 633/1972, qualora le spese sostenute siano incrementative del valore del bene e non abbiano esaurito la loro utilità all’atto della fuoriuscita dalla sfera economica del soggetto passivo. Base imponibile dell’assegnazione L’art. 13, comma 2, lettera c), D.P.R. n. 633/1972, in recepimento dell’art. 74 della direttiva n. 2006/112/CE, identifica la base imponibile dell’autoconsumo e, quindi, dell’assegnazione nel prezzo di acquisto o, in mancanza, nel prezzo di costo dei beni o di beni simili, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni, rendendo evidente che l’imponibilità - finalizzata ad evitare che il bene giunga al consumo privo di imposizione - è attuata sotto forma di recupero dell’imposta detratta in sede di acquisto, cioè quantificando la base imponibile in funzione del “valore normale”, inteso come prezzo di acquisto (per i beni acquistati da terzi) o come prezzo di costo (per i beni costruiti dall’impresa). Come già chiarito dalla circolare n. 26/E/2016 (Cap. I, Parte II, § 7.1), il criterio del prezzo di acquisto o di costo, in sostituzione di quello del valore normale, implica che la base imponibile IVA dell’assegnazione non comprenda il “ricarico” normalmente praticato sul mercato per quel bene, bensì sia costituita dal prezzo di acquisto del bene “attualizzato” al momento della cessione. In continuità con le indicazioni della circolare n. 37/E/2016 (§ 8), il Ministero dell’Economia e delle finanze ha confermato che il riferimento al valore normale è residuale ed eccezionale, nel senso che va considerato solo quando non è possibile determinare il prezzo di acquisto o di costo. In particolare: - il prezzo di acquisto rappresenta la regola generale per i prelievi di beni da parte di un soggetto passivo per il proprio uso privato o per quello del suo personale o a seguito di destinazione ad un’attività economica esente da IVA, laddove per “prezzo di acquisto” s’intende il valore residuo dei beni al momento del prelievo o della destinazione dei medesimi; - in assenza di un prezzo di acquisto cui fare riferimento, come potrebbe accadere nell’ipotesi di un fabbricato non acquistato ma costruito dal soggetto che intende estrometterlo dal regime IVA, la base imponibile è costituita dal costo o prezzo di costo di beni simili; - in via di estremo subordine e con esclusivo riferimento a situazioni di mancanza assoluta di prezzo di acquisto originario o del costo, è possibile determinare la base imponibile secondo il criterio del prezzo d’acquisto di beni similari, per condizioni, dimensioni e altre caratteristiche (a condizione che esistano beni simili sul mercato), avendo sempre come riferimento il momento della destinazione dell’immobile, ma senza considerare quali elementi di valore abbiano condotto a tale prezzo; - in ipotesi diverse, l’utilizzo del valore di mercato per la determinazione della base imponibile non è ammesso perché comporterebbe un’espressa violazione dell’art. 13, comma 2, lett. c), del D.P.R. n. 633/1972.