È indubbio che negli ultimi anni l’offerta del servizio mensa interno o l’erogazione del buono pasto sta trovando sempre maggiore diffusione all’interno delle aziende come strumento non solo di reclutamento e retention, ma anche come forma retributiva non monetaria. Il buono pasto e il servizio mensa rappresentano indubbiamente una forma “indiretta” di retribuzione, in quanto consentono di fruire di un beneficio che viene quantificato nel valore del pasto ovvero del buono pasto e che il legislatore ad oggi esonera dal prelievo fiscale e previdenziale, ma solo al verificarsi di determinate situazioni. La disciplina fiscale e previdenziale di esenzione nei limiti previsti è chiara, ma per quanto riguarda gli eventuali impatti del servizio mensa/buono pasto ai fini del calcolo della retribuzione utile alla definizione del TFR? Facciamo il punto della situazione, anche alla luce della sentenza n. 8090/2024 con la quale la Cassazione ha stabilito l’imponibilità ai fini del TFR solo in caso di previsione da parte della contrattazione collettiva. Trattamento fiscale e previdenziale del servizio mensa La normativa fiscale (art. 51, co. 1, TUIR) stabilisce il principio di omnicomprensività del reddito da lavoro dipendente, prevedendo che quest’ultimo è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Il successivo co. 2 elenca quei particolari elementi per i quali il legislatore prevede l’esenzione fiscale totale o parziale, tra i quali, alla lett. c), fa rientrare le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi; le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto fino all'importo complessivo giornaliero di euro 4, aumentato a euro 8 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica. La norma, inoltre, prevede l’esenzione anche per le indennità in denaro sostitutive delle somministrazioni di vitto, a condizione che queste siano corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione e limitatamente all'importo complessivo giornaliero di euro 5,29. Con particolare riferimento ai buoni pasto, è utile ricordare che la normativa di natura fiscale va letta e interpretata con le disposizioni del D.M. n. 122/2017, con il quale è stato precisato che i buoni pasto devono consentire al titolare di ricevere un servizio sostitutivo di mensa di importo pari al valore facciale del buono pasto e all’esercizio convenzionato di provare documentalmente l'avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione. Inoltre, per quanto riguarda il servizio mensa/buono pasto, a differenza di quanto previsto per i beni e servizi esenti fino a 258,23 euro annui: - per essere esenti devono essere riconosciuti alla generalità dei dipendenti o a categorie omogenee; l’eventuale riconoscimento al singolo lavoratore fa sì che il controvalore sia considerato come trattamento “ad personam” e come tali assoggettato a piena imponibilità fiscale e contributiva; - l’esenzione viene prevista solo per ogni giornata effettivamente lavorata dal lavoratore, con la conseguenza che qualora il lavoratore dovesse risultare assente dal lavoro a qualsiasi titolo (ferie, permessi, maternità, infortunio, ecc.) lo stesso non ha diritto a fruire del servizio mensa o di quello sostitutivo esente; - sono aggiuntivi e non vanno ad intaccare il limite di esenzione generale di 258,23 euro annui (innalzato per il 2024 a 1.000 euro annui per tutti e a 2.000 euro per i soli lavoratori con figli a carico). Schema di sintesi Tipologia di servizio offerto Limite di esenzione fiscale e previdenziale Buoni pasto cartacei 4,00 euro giornalieri Buoni pasto elettronici 8,00 euro giornalieri Somministrazione di vitto diretta da parte del datore di lavoro o per mezzo di mense organizzate dallo stesso o gestite da terzi Nessuna Totale esclusione dal reddito da lavoro dipendente. Forme di vitto tramite indennità sostitutive delle somministrazioni di vitto corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione etc. 5,29 euro giornalieri Imponibilità ai fini del TFR Secondo il Codice civile (art. 2120), salvo diversa previsione dei contratti collettivi, la retribuzione annua comprende tutte le somme, compreso l'equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese. La formulazione utilizzata richiama quanto previsto dall’art. 51 del TUIR, ovvero somme e valori e un ruolo centrale alla contrattazione collettiva (nazionale o aziendale), la quale è l’unica “fonte” ulteriore alla legge che può prevedere o escludere determinati elementi retributivi e non dal computo ai fini del TFR. Secondo l’orientamento prevalente della Cassazione, ormai consolidato, le prestazioni in natura erogate a titolo non occasionale si computano nella retribuzione utile al calcolo del TFR se non diversamente stabilito dalla contrattazione collettiva. Su tale aspetto, si segnala che, la Cassazione, con l’ordinanza n. 8090/2024, ha affermato il principio secondo cui i servizi mensa o l’indennità sostitutiva non assumono natura retributiva, con la conseguenza che solo la legge o la contrattazione collettiva possono considerarli quali elementi imponibili ai fini della retribuzione utile per il calcolo del TFR. Il principio segue a un ricorso di un lavoratore che aveva agito in giudizio al fine di ottenere il pagamento della somma di € 7.784,54 a titolo di differenze retributive sul trattamento di fine rapporto. La Corte d’Appello accoglieva parzialmente la predetta domanda, ritenendo computabile nella base imponibile per la determinazione del TFR anche l'indennità di mensa. Secondo la Cassazione: - il valore del servizio mensa e l'importo della prestazione sostitutiva percepita da chi non usufruisce del servizio aziendale non fanno parte della retribuzione a nessun effetto attinente ad istituti legali e contrattuali del rapporto di lavoro; - la contrattazione collettiva è libera di prevedere che il pasto o l'indennità sostitutiva dello stesso assumano valore retributivo: solo in tale caso dette indennità sono computabili ai fini del trattamento di fine rapporto. Obbligo di riconoscere il servizio mensa o buono pasto Sulla obbligatorietà o meno del servizio mensa o del buono pasto, qualora previsto dalla contrattazione collettiva, è affermato il principio secondo cui: - il diritto alla mensa è strettamente collegato al diritto alla pausa; - il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per la pausa qualora l'orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di 6 ore, ai fini del recupero delle energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto; - in presenza di tale circostanza, al dipendente deve essere riconosciuto il servizio di mensa o una modalità alternativa allo stesso, qualora sia previsto dalla contrattazione collettiva applicata; in mancanza di specifica disposizione della contrattazione collettiva non spetta alcun diritto.