L’Agenzia elle Entrate è intervenuta tempestivamente per commentare le novità introdotte dal D.L. 18 ottobre 2023, n. 145 (decreto Anticipi) riguardanti il versamento della seconda rata degli acconti delle imposte avente scadenza il 30 novembre 2023, ma in alcuni casi prorogato. Le indicazioni sono state fornite con la circolare n. 31/E del 9 novembre 2023. Il secondo acconto IRPEF slitta al 2024: a quali condizioni? L’art. 4 del decreto Anticipi prevede la possibilità di effettuare il versamento entro il maggior termine del 16 gennaio 2024 in luogo della scadenza ordinaria e di “suddividere” l’importo dovuto con la seconda rata in cinque rate di eguale importo. Il nuovo termine, però, non riguarda tutti i soggetti, ma esclusivamente le persone fisiche esercenti attività di impresa e arti e professioni. Inoltre, è altresì necessario che i ricavi e i compensi dichiarati nell’anno 2022 non abbiano superato il limite di 170.000 euro. A chi si applica il rinvio? Il documento di prassi, nell’individuare i soggetti che possono avvalersi della nuova disposizione, applicabile esclusivamente per l’anno 2023, conferma la rilevanza delle novità anche per il titolare dell’impresa familiare o dell’azienda coniugale non gestita in forma societaria. Inoltre, in considerazione della ratio agevolativa della disposizione in commento la stessa interessa anche i contribuenti tenuti a versare in un’unica soluzione l’acconto delle imposte sui redditi, dovuto in base al modello Redditi PF 2023. La norma è estremamente chiara laddove esclude i contribuenti non titolari di partita IVA, ma alcuni dubbi erano stati sollevati per i soci di società di persone o, più in generale, di società trasparenti (articoli 5 e 116 TUIR). Il documento di prassi ha però confermato l’esclusione per tali soggetti che restano obbligati a effettuare il versamento della seconda rata entro il termine ordinario del 30 novembre. La verifica sui ricavi Le indicazioni più interessanti fornite dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 31/E/2023 riguardano la verifica del mancato superamento del limite di ricavi e dei compensi pari a 170.000 euro. Per quanto riguarda la determinazione dei compensi professionali non viene fornita alcuna indicazione. Invece, per i ricavi dichiarati nel periodo di imposta 2022 si deve fare riferimento alla nozione desumibile dall’art. 57 TUIR. Tale norma, precisa l’Agenzia delle Entrate, richiama in generale l’art. 85 TUIR e quindi non è possibile considerare solo i ricavi di cui alle lettere a) e b) della citata disposizione. Pertanto, devono essere considerati ricavi ai fini della disposizione in esame anche: - i corrispettivi derivanti dalla cessione di azioni o quote di partecipazioni che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie; - i corrispettivi degli strumenti finanziari diversi dalle azioni; - quelli derivanti dalle cessioni di obbligazioni e di altri titoli in serie o di massa; - le indennità conseguite a titolo di risarcimento per la distruzione o il danneggiamento di “beni merce”; - i contributi in conto esercizio. Esercizio di più attività con codici ATECO differenti L’Agenzia delle Entrate ha anche esaminato il caso dei contribuenti esercenti più di un’attività contraddistinte da codici ATECO differenti. In questo caso si deve assumere la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate. La medesima soluzione riguarda il caso di quei contribuenti che esercitano contemporaneamente un’attività di impresa e di lavoro autonomo. Si assume, quindi, la somma dei ricavi e dei compensi delle due attività. Esercizio di attività agricole o attività agricole connesse Un caso particolare riguarda le persone fisiche che esercitano attività agricole o attività agricole connesse come ad esempio l’agriturismo. In tale ipotesi è possibile fruire del differimento del termine al 16 gennaio 2024 solo se i predetti soggetti sono anche titolari di reddito di impresa. Al fine di verificare l’applicabilità della norma in luogo dell’ammontare dei ricavi si deve fare riferimento all’ammontare del volume d’affari di cui al campo VE50 del modello di dichiarazione IVA. Qualora il contribuente non sia tenuto alla presentazione della dichiarazione IVA, si dovrà fare riferimento all’ammontare complessivo del fatturato, cioè sia delle operazioni certificate con l’emissione delle fatture elettroniche, ma considerando anche i corrispettivi trasmessi telematicamente all’Agenzia delle Entrate.