Una società non può essere considerata, ai fini dell'Iva, come la stabile organizzazione di quella alla quale fornisce servizi di lavorazione in esclusiva, qualora non risulti che la seconda utilizza i mezzi tecnici e umani della prima come se fossero propri. Questo, in estrema sintesi, è quanto emerge dalla sentenza della Corte di giustizia Ue 29 giugno 2023, causa C-232/22, che risponde alle questioni sollevate nell'ambito di una controversia sulla localizzazione delle prestazioni di servizi rese da una società con sede in Belgio ad una società svizzera. IL FATTO La società aveva ritenuto che le operazioni dovessero localizzarsi nel paese in cui ha sede il committente (dunque fuori dell'Ue), in base alla regola generale prevista per gli scambi di servizi B2B, mentre per l'amministrazione era applicabile la deroga che localizza le prestazioni nel paese in cui la committente ha una stabile organizzazione, nel presupposto che le circostanze fossero tali da configurare la società prestatrice come una stabile organizzazione in Belgio della committente. La questione riguarda le disposizioni dell'art. 44 della direttiva Iva, secondo cui il luogo delle prestazioni di servizi forniti a un soggetto passivo è quello in cui questi ha fissato la sede della sua attività economica; tuttavia, se i servizi sono prestati ad una stabile organizzazione del soggetto passivo situata in un luogo diverso da tale sede, il luogo delle prestazioni è quello in cui è situata la stabile organizzazione. LA DECISIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE Tale norma, osserva preliminarmente la Corte, considera come punto di collegamento prioritario la sede dell'attività economica del soggetto passivo committente, criterio oggettivo, semplice e pratico che offre grande certezza giuridica; per contro, il collegamento alla stabile organizzazione, considerato nella seconda frase dell'art. 44, è di importanza secondaria, contemplato da una disposizione derogatoria alla regola generale, ed è preso in considerazione purché siano soddisfatte talune condizioni, solamente nel caso in cui il criterio principale non conduca ad una soluzione razionale o crei un conflitto con un altro stato membro. La nozione di stabile organizzazione, in base all'art. 11 del regolamento Ue n. 282/2011, designa qualsiasi organizzazione, diversa dalla sede principale, caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e da una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici, atti a consentirle di ricevere e di utilizzare i servizi che le sono forniti per le esigenze sue proprie. In ordine alla valutazione di tali circostanze, il giudice del rinvio si chiede se sia rilevante il fatto che il prestatore e il committente, seppure giuridicamente indipendenti, appartengano allo stesso gruppo di società, nonché il fatto che, pur essendo i mezzi umani e tecnici del prestatore, questi si obblighi ad impiegarli esclusivamente per le lavorazioni rese al committente, al quale fornisce inoltre una serie di prestazioni supplementari, in particolare un contributo logistico, contribuendo all'attività economica del destinatario, che dà luogo a cessioni di beni imponibili nello stato membro in cui sarebbe situata la sua stabile organizzazione. Al riguardo, la Corte risponde anzitutto che, pur non essendo necessario, ai fini della nozione di stabile organizzazione, che il committente detenga in proprio i mezzi tecnici e umani, occorre tuttavia che egli ne disponga come se ne fosse il proprietario. In secondo luogo, è di per sé irrilevante l'appartenenza dei due soggetti allo stesso gruppo societario, essendo necessario valutare la realtà economica e commerciale, avendo la Corte già dichiarato che il fatto che una società possieda una controllata in uno stato membro non significa di per sé che essa vi abbia anche una propria stabile organizzazione. Quanto al fatto che il prestatore si impegna contrattualmente a utilizzare i propri mezzi esclusivamente per le prestazioni alla società committente, la giurisprudenza ha già chiarito che si presume che una persona giuridica, quand'anche abbia un solo cliente, utilizzi i mezzi tecnici e umani di cui dispone per le proprie esigenze, salvo che si dimostri che era la società committente a disporre dei mezzi del prestatore come se fossero propri. Inoltre, tale disponibilità dei mezzi dovrebbe riguardare le prestazioni che la società committente riceve, e non le operazioni attive che essa realizza. Infine, per la stessa ragione, sono irrilevanti le prestazioni supplementari di supporto logistico, che attengono, appunto, all'attività di commercializzazione svolta dalla società svizzera nel proprio luogo di residenza. Alla luce di tali considerazioni, quindi, la sentenza conclude che le prestazioni rese dalla società belga sono ricevute e utilizzate dalla società committente per la propria attività economica in Svizzera, non disponendo essa in Belgio di una struttura adatta a tale scopo.