Saranno gli spazi maggiori di deficit e i risultati della lotta all’evasione a sostenere la manovra 2020, portando oltre 21 miliardi a una legge di bilancio che ne varrà circa 30. Questo, almeno, è in sintesi l’obiettivo del governo messo nero su bianco dalle 120 pagine della Nota di aggiornamento al Def approvata ieri sera dal consiglio dei ministri. Una Nadef, quella arrivata dopo l’ennesimo round di vertici politici per placare le tensioni nella maggioranza, che promette la «completa disattivazione dell’aumento dell’Iva» all’interno di un «triplice ambizioso obiettivo» che comprende anche l’alleggerimento della pressione fiscale e la riduzione del cuneo sul lavoro. Ma «la strategia» sarà «di lungo termine», rivendica il ministro dell’Economia Gualtieri nella premessa al documento, e si svilupperà con una «partecipazione propositiva al progetto europeo», dopo una «fase complessa» in cui «i ricorrenti dubbi sull’adesione alla moneta unica da parte di alcuni esponenti politici hanno contribuito a ridurre la fiducia degli investitori». Questa fiducia ritrovata, secondo le tabelle della Nadef, vale l’anno prossimo quasi 6 miliardi in meno di spesa per interessi. Per far andare d’accordo ambizione e numeri, il Conte-2 si affida prima di tutto alla possibilità di ottenere a Bruxelles più spazi di deficit. Il 2,2% fissato come obiettivo 2020 si piazza oltre 14 miliardi sopra l’1,4% che sarebbe arrivato a legislazione vigente grazie agli aumenti Iva e alla riduzione di spesa per quota 100, reddito di cittadinanza e interessi sul debito. Un deficit nominale di questo tipo, figlio dei negoziati delle scorse settimane con la commissione Ue, azzererà la correzione strutturale l’anno prossimo: anzi, nel 2020 il deficit strutturale segnerà un leggero aumento, attestandosi all’1,4%, per poi scendere di due decimali all’anno nel biennio successivo quando l’aumento della crescita dovrebbe chiudere progressivamente l’output gap imponendo quindi una correzione maggiore. L’altro pilastro, si diceva, sono le misure antievasione, chiamate a portare oltre 7 miliardi di maggiori entrate già dal prossimo anno. Un obiettivo così alto aiuta a far quadrare i conti promettendo lo stop integrale agli aumenti dell’Iva: ma l’Iva rimane protagonista anche su questo terreno, da tradurre nelle misure concrete che arriveranno dai negoziati nella maggioranza in vista del 15 ottobre. A chiudere l’elenco delle coperture saranno i tagli alla spesa e agli sconti fiscali, a partire da quelli dannosi: in tutto i due capitoli valgono circa 3,5 miliardi, divisi a metà fra spending review e tax expenditures. Anche per osservare un rilancio pieno della crescita occorrerà aspettare l’orizzonte triennale su cui il governo chiede di valutare il programma. Dopo un 2019 che si ferma allo 0,1%, l’anno prossimo punta allo 0,6% per arrivare all’1% nel 2021 (stesso ritmo previsto per il 2022). Rispetto a un tendenziale schiacciato da guerre commerciali e frenata europea, la manovra si propone di dare una spinta da 2 decimali all’anno: a spingere sarà soprattutto lo stop agli aumenti dell’Iva (+0,3% di Pil), accompagnato dal taglio al cuneo e alle proroghe di aiuti fiscali (un decimale a testa), ma il conto deve considerare anche la frenata alla crescita imposta da maggiori entrate e tagli di spesa (due decimali in tutto). Nell’«orizzonte pluriennale» indicato da Gualtieri si dovrà sviluppare anche l’inversione di rotta del debito pubblico: il 2019 si chiuderà con un altro aumento di quasi un punto di Pil, che porta il passivo al 135,7%. L’anno prossimo è prevista una prima inversione di rotta, al 135,2%, ma la discesa punta a diventare più rapida nei due anni successivi, portando il debito/Pil al 131,4% a fine 2022. Il programma prevede poi ben 23 provvedimenti collegati alla manovra: tra questi il Green New Deal, la riforma del Catasto e l’Autonomia differenziata, ma con l’obiettivo di ridurre i divari Nord/Sud.