Il giudice può considerare inammissibile la proposta di concordato se ritiene inadeguata la relazione del professionista. La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 22143 depositata il 4 settembre 2019, ha respinto il ricorso di una Srl contro la sentenza con la quale la Corte d'Appello aveva respinto il reclamo contro il decreto di inammissibilità della domanda di concordato preventivo e la contestuale dichiarazione di fallimento. Per la ricorrente, a fronte di un concordato liquidatorio, le anomalie riscontrate nella relazione potevano incidere solo sulla percentuale di soddisfacimento, e supponevano dunque un giudizio di fattibilità economica riservato ai creditori. Inoltre la Corte d'Appello non avrebbe considerato la circostanza, rilevante ai fini della valutazione sul via libera alla proposta, che l'attivo della società era superiore al passivo. E per questa ragione non si poteva sostenere che la proposta non fosse utile a realizzare la finalità liquidatoria del concordato preventivo. Per la Cassazione il ricorso è inammissibile. I giudici di legittimità precisano che la Corte territoriale non aveva espresso un giudizio sulla fattibilità economica del piano, ma aveva ritenuto inammissibile la proposta perché la relazione del professionista non era adeguata. La Corte di seconda istanza aveva fatto suo il giudizio del tribunale sul “difetto di una inequivoca formula attestativa”. Alcuni passaggi erano tali da far sorgere dubbi sulla correttezza e sulla veridicità dei dati di fatto sui quali si basava la relazione. Un giudizio – avverte la Suprema corte – che resta nell'esatto confine della valutazione giuridica. Il giudice, infatti, ha il compito di controllare “la corretta predisposizione dell'attestazione del professionista in termini di completezza dei dati e di comprensibilità dei criteri di giudizio. Attività che rientra nella verifica della regolarità della procedura”. Elementi indispensabili per garantire la giusta formazione del consenso dei creditori.