La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 32248 depositata il 21 novembre 2023, si è pronunciata su un caso riguardante la sussistenza di rapporti di lavoro subordinato in capo a entrambi i notai titolari di uno studio professionale in forma associata, stabilendo che i due professionisti sono responsabili in via solidale in ordine ai crediti da lavoro spettanti alle dipendenti. Ciò in base alla risalente normativa di riferimento ex art. 82 della L. 89/1913 (ordinamento del notariato) e art. 1 della L. 1815/1939 (relativa alla disciplina giuridica degli studi di assistenza e di consulenza), secondo cui l’associazione di studi notarili non è configurabile né come ente collettivo, o centro di imputazione di interessi fornito di personalità giuridica, né come azienda professionale con una propria autonomia strutturale e funzionale, non potendo sostituirsi ai singoli studi professionali, in persona dei relativi titolari, nei rapporti con i terzi. IL FATTO Il caso di specie traeva origine da tre ingiunzioni di pagamento di somme a titolo di TFR e mensilità ottenute da tre ex dipendenti di uno studio notarile associato nei confronti dei due notai titolari dello studio, obbligati in solido avendo le impiegate lavorato sotto la direzione di entrambi. Uno dei due professionisti proponeva opposizione ai decreti ingiuntivi, che veniva rigettata dal Tribunale. Detta pronuncia veniva poi confermata dalla Corte territoriale che affermava che le pretese economiche, non contestate nel quantum, trovavano il loro fondamento nella sussistenza dei tre rapporti di lavoro alle dipendenze di entrambi i notai, titolari dello studio, come suffragato dalla documentazione prodotta. Inoltre, secondo la Corte di merito, il notaio appellante non era estraneo a tali rapporti avendo posto in essere concreti atti di gestione e non avendo fornito specifiche informazioni circa le modalità di effettiva organizzazione del proprio lavoro senza avvalersi delle dipendenti dello studio. Di conseguenza, per i giudici di appello, la solidarietà passiva dei due notai si basava sulla riferibilità ad entrambi dei rapporti di lavoro, oltre che sulla disposizione ex art. 82 della L. 89/1913 e, infine, sull’applicabilità delle norme di cui agli artt. 36 ss. c.c. in tema di associazioni non riconosciute. Avverso la sentenza di appello il notaio soccombente proponeva ricorso per cassazione lamentando, in particolare, che la Corte di merito lo aveva riconosciuto debitore delle tre lavoratrici nonostante le stesse fossero state assunte, sebbene in nome e per conto dell’associazione professionale, dall’altro notaio titolare dello studio, a suo avviso unico responsabile delle relative obbligazioni. Inoltre, il ricorrente riteneva gli elementi documentali prodotti e gli episodi evidenziati inidonei ad integrare e configurare un vincolo di subordinazione. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Cassazione ha respinto il ricorso per parziale inammissibilità e infondatezza dello stesso. Nel dettaglio, la Suprema Corte ha ritenuto giuridicamente congrua la motivazione resa dai giudici di appello che avevano correttamente individuato gli elementi della subordinazione ex art. 2094 c.c. attraverso l’accertamento dello svolgimento delle prestazioni lavorative sotto la direzione di entrambi i notai desumendolo dalle circostanze che seguono: l’assunzione delle lavoratrici era stata effettuata con lettera firmata dal notaio non ricorrente per conto dello studio associato (che tuttavia riportava entrambi i nomi dei titolari); il notaio ricorrente aveva conferito, quale socio amministratore del predetto studio, delega bancaria a compiere, con firma disgiunta, determinate operazioni ivi descritte alle dipendenti per conto e a nome dello studio associato; una delle lavoratrici aveva provveduto all’iscrizione del medesimo, per conto dello studio associato, a un convegno e il notaio stesso, sempre per conto dello studio, aveva firmato il mod. 236 per l’inserimento nelle liste di mobilità della dipendente stessa. Risultando così accertata, in base al corretto ragionamento presuntivo posto a base della decisione impugnata, la sussistenza dei rapporti di lavoro dipendente anche in capo al professionista ricorrente, la Corte di legittimità ha affermato quanto segue con riguardo all’obbligazione di pagamento della retribuzione dei dipendenti. L’associazione di studi notarili, ai sensi dei citati artt. 82 della L. 89/1913 e 1 della L. 1815/1939, non essendo configurabile come ente collettivo o centro di imputazione di interessi né come azienda professionale, non può sostituire i singoli studi notarili, in persona dei relativi titolari, nei rapporti con i terzi, siano essi clienti o lavoratori dipendenti ma, trattandosi soltanto di un patto interno avente a contenuto anche la divisione delle spese, non assume la titolarità del relativo obbligo, che continua quindi a gravare sui notai associati.