Superamento delle soglie di punibilità: ecco come la GdF può procedere al calcolo

Nella sentenza n. 7871 del 21 febbraio 2019, la Corte di Cassazione chiarisce come la Guardia di Finanza possa procedere al calcolo relativo al superamento delle soglie di punibilità riferite alle violazioni di natura fiscale. IL FATTO Il caso trae origine da una sentenza con cui la Corte d'Appello di Lecce, confermando la decisione di primo grado, ha condannato il legale rappresentante di una società per omessa dichiarazione al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, rilevando la superficialità degli accertamenti operati dalla Guardia di Finanza, tanto che, con riferimento all'anno 2009 di imposta, nei due procedimenti penali erano state contestate somme diverse di evasione di imposta. Tale circostanza avrebbe dovuto essere presa in considerazione dai giudici dell'impugnazione anche con riferimento all'anno di imposta 2011 per il quale era stata contestata l'evasione di imposta di poco superiore alla soglia di punibilità. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso. In particolare, gli Ermellini osservano come la Ctr avesse dato atto che la determinazione dell'imposta evasa, e il conseguente superamento della soglia di punibilità, era frutto dell'accertamento della Guardia di Finanza sulla scorta delle fatture attive e passive estrapolate dalla banca dati a disposizione della stessa Guardia di Finanza; che l'imputato non aveva allegato documentazione per smentire il conteggio effettuato dagli accertatori e che gli eventuali errori nei conteggi compiuti dalla Guardia di Finanza, con riguardo all'anno di imposta 2009 per il quale il Tribunale aveva pronunciato sentenza assolutoria, non ridondavano gli effetti sugli accertamenti svolti con riguardo agli anni 2010 e 2011 e non mettevano in dubbio l'accertamento dell'evasione di imposta del 2011 calcolata in € 56.713,21 (tenuto anche conto che all'epoca dei fatti era fissata in € 30.000,00). Inoltre, osservano gli Ermellini, l'art. 5 del d.lgs n. 158 del 2015 ha modificato il trattamento sanzionatorio aumentando la misura minima e massima della pena, portata, rispettivamente, da un anno a un anno e sei mesi, e da tre a quattro anni di reclusione. Norma che non trova applicazione con riguardo ai fatti anteriormente commessi in ragione del principio di irretroattività della legge più sfavorevole ai sensi degli artt. 2 comma 4 cod. pen. e 25 Cost.

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