Un periodo inframensile non realizza un autonomo presupposto per l’applicazione della tassa di concessione governativa. E' il chiarimento fornito dall'Agenzia delle Entrate nella risposta n. 43/2019. La disciplina delle tasse sulle concessioni governative è contenuta nel DPR 26 ottobre 1972, n. 641. L’articolo 1 del citato DPR individua l’oggetto della tassa sulle concessioni governative in tutti i “Provvedimenti amministrativi e gli altri atti elencati nell’annessa tariffa”. Per quanto di interesse, l’articolo 21 della tariffa allegata DPR n. 641 del 1972 prevede che la tassa in parola si applichi sulla “Licenza o documento sostitutivo per l’impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione (art. 318 del DPR 29 marzo 1973, n. 156, e art. 3 del D.L. 13 maggio 1991, n. 151, convertito con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 202): per ogni mese di utenza”. Per quanto riguarda il presupposto di imposta, si può far riferimento alla sentenza della Cassazione n. 8825 del 1° giugno 2012 nel punto in cui ricollega “... la insorgenza del debito tributario, non già alla emissione di un atto amministrativo, ma al mero presupposto di fatto (di natura cronologica) della durata della prestazione di servizi, così come conteggiata in ciascuna bolletta trasmessa dal gestore all’abbonato. Tale previsione normativa viene, dunque, a svincolare la specifica tassa di concessione governativa dall’atto amministrativo, derogando alla generale previsione del presupposto del tributo stabilita del DPR n. 641 del 1972, art. 1, atteso che nel caso di specie l’obbligazione tributaria non insorge con la “emanazione dell’atto” ex art. 2, comma 1, del DPR n. 641 del 1972, ma in relazione alle prestazioni periodiche del servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione conteggiate con riferimento al numero di mesi di utenza considerati in ciascuna bolletta.” Sul punto, anche la Corte di Cassazione, con sentenza n. 21783 del 15 ottobre 2014 ha specificato che “A norma della nota 1 all’art. 21 della Tariffa annessa al DPR n. 641 del 1972, la tassa per la licenza o il documento sostitutivo per l’impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile terrestre è “dovuta con riferimento al numero di mesi di utenza considerati in ciascuna bolletta, congiuntamente al canone di abbonamento”, in misura fissa mensile, diversa in ragione del tipo di utenza (“residenziale” o “affari”, art. 21 cit.). [...] La tassa, [...] è, quindi, dovuta dall’utente, che abbia concluso un contratto di diritto privato col gestore della rete, unitamente al canone d’abbonamento, avendo quale suo presupposto l’impiego del telefono e non la fornitura del servizio (Cass. SU n. 9560 del 2 maggio 2014)”. Per definire ulteriormente il quadro normativo, si può far riferimento al Decreto 24 settembre 1991, nel punto in cui specifica che “... la tassa predetta, dovuta in L. 25.000 per ogni mese d’utenza a decorrere dal 1° giugno 1991, viene riscossa dalla SIP - Società italiana per l’esercizio delle telecomunicazioni S.p.a., concessionaria del servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazioni, su base bimestrale, unitamente ai canoni anticipati del bimestre di riferimento”. Al riguardo, l'Agenzia ritiene che la locuzione “per ogni mese d’utenza” debba essere interpretata nel senso che la TCG è dovuta allorquando il suo presupposto sia verificato anche per un solo giorno di ciascuno dei 12 mesi solari. Per esempio, se un utente ha attivato un contratto di abbonamento decorrente dal 31 gennaio 2018 (ancora attivo alla data del 31/12/2018) a tale utente devono essere addebitate per l’anno solare 2018 n. 12 TCG. In definitiva, un periodo inframensile non realizza un autonomo presupposto per l’applicazione della TCG, purché al cliente sia addebitata la TCG nel rispetto dei principi sopra delineati.