È indubbio che negli ultimi anni il lavoro agile ha avuto sempre maggiore diffusione quale particolare modalità di svolgimento dell’attività lavorativa. Attività lavorativa che può essere svolta in territorio nazionale ma anche dall’estero, e in questo caso, sia da parte di lavoratori stranieri residenti all’estero ma anche di lavoratori che, per motivi personali o di altro tipo, decidono di trasferirsi all’estero, pur mantenendo un legame “organico” con la sede di lavoro in Italia. Le restrizioni alla mobilità introdotte durante la pandemia hanno accresciuto enormemente la diffusione del remote working e tale modalità lavorativa si è fortemente consolidata, divenendo strutturale, anche dopo il periodo emergenziale. Tale scenario ha indotto le istituzioni comunitarie a fare alcune considerazioni al fine di definire se l’attuale disciplina previdenziale applicabile qualora l’attività lavorativa sia svolta in modalità agile in due o più Stati: - risponda o meno alle attuali esigenze organizzative e personali di imprese e lavoratori; - sia in linea con la mobilità in ambito europeo e con quelli che sono i principi fondamentali di garanzia della libera circolazione e del mercato interno. Alla luce delle considerazioni di cui sopra, è stato sottoscritto l’Accordo quadro sull’applicazione dell’art. 16, par. 1, del Regolamento (CE) n. 883/2004 nei casi di telelavoro transfrontaliero abituale avente la finalità di andare oltre le disposizioni in materia di obbligazione contributiva secondo il principio della territorialità (in considerazione del fatto che il Regolamento n. 883/2004 in prima stesura è stato adottato quando il telelavoro era meno diffuso) e al fine di attenuare a breve termine l’impatto del telelavoro transfrontaliero sulla legislazione applicabile in materia di sicurezza sociale. Accordo che, sottoscritto lo scorso 28 dicembre dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, produce i suoi effetti dal 1° gennaio 2024. Tale accordo consente di elevare la soglia percentuale dal 25% al 50% del tempo di lavoro complessivo svolto dal lavoratore nel Paese di residenza allo scopo di autorizzare il versamento dei contributi previdenziali in vigore nel Paese in cui ha sede l’impresa e rendendo quindi meno frequente il passaggio alla competenza della legislazione di sicurezza sociale del Paese di residenza. Nuovo Accordo quadro: finalità Come criterio generale, in ambito previdenziale, si prevede l’applicazione del principio della territorialità, ovvero che l’obbligo contributivo deve essere adempiuto nel Paese in cui la prestazione lavorativa viene svolta. Secondo lo scenario in cui è stato scritto il testo originario del Regolamento nel 2004 e relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (successivamente modificato e integrato) per “attività lavorativa” si intendeva quella esclusivamente in presenza, con la conseguenza che al fine dell’obbligo contributivo la sede di lavoro coincide con il luogo di svolgimento dell’attività lavorativa, con la conseguenza che la contribuzione va versata in tale Paese. Telelavoro-lavoro agile: previsioni dell’Accordo quadro L’Accordo sottoscritto fornisce inizialmente la definizione di telelavoro transfrontaliero, definendolo come un’attività lavorativa che può essere svolta da qualsiasi luogo e può essere eseguita presso i locali o la sede del datore di lavoro, e che è caratterizzata dal fatto che viene svolta in uno o più Stati membri diversi da quello in cui sono situati i locali o la sede del datore di lavoro e che si basa su tecnologie informatiche che permettono di rimanere connessi con l’ambiente di lavoro del datore o dell’azienda ovvero con qualsiasi parte interessata. L’Accordo trova applicazione con riferimento: - ai lavoratori che hanno residenza in uno degli Stati firmatari e che abbiano la sede legale o il domicilio dell’impresa o del datore di lavoro in un altro Stato firmatario; - ai lavoratori per i quali troverebbe applicazione la legislazione dello Stato di residenza in seguito al telelavoro transfrontaliero abituale e che sono occupati da una o più imprese o datori che hanno la loro sede legale o il loro domicilio in un unico altro Stato firmatario. Per espressa previsione, l’Accordo non trova applicazione nei confronti dei lavoratori che: - esercitano abitualmente un’attività diversa dal telelavoro transfrontaliero nello Stato di residenza; e/o - esercitano abitualmente un’attività in uno Stato diverso da quelli menzionati al par. 1; e/o - sono lavoratori indipendenti. Legislazione applicabile L’Accordo prevede che, su richiesta, una persona che svolge abitualmente telelavoro transfrontaliero può essere soggetta alla legislazione dello Stato in cui il datore di lavoro ha la sede legale o il domicilio, a condizione che il telelavoro transfrontaliero nello Stato di residenza della persona sia svolto in misura inferiore al 50% del tempo di lavoro complessivo. Il rispetto della percentuale di impiego al di sotto del 50% fa pertanto venir meno il principio di territorialità contributiva prevista come principio generale in ambito previdenziale. Procedura da seguire L’attivazione di tale deroga deve avvenire in base all’art. 16 del Regolamento sopra citato e la richiesta dovrà essere indirizzata all’Istituzione dello Stato di cui si vuole applicare la legislazione (cioè il Paese in cui ha sede il datore di lavoro) e lo scambio di informazioni riguardanti il caso del singolo lavoratore avverrà attraverso il sistema Eessi (Electronic Exchange of Social Security Information). La procedura prevede che l’autorizzazione dello Stato di residenza si consideri pre-approvata, consentendo all’Istituzione dell’altro Stato (in cui è stabilito il datore di lavoro) di rilasciare l’apposita attestazione mediante il modello A1 attestante la contribuzione previdenziale nel Paese del datore di lavoro. Per l’Italia, in attesa di chiarimenti se sarà di competenza delle Direzioni regionali o provinciali, l’Istituzione competente è l’INPS, la quale dovrà rilasciare il modello A1. L’accordo per il telelavoro transfrontaliero potrà avere una durata massima di 3 anni, con estensioni possibili previa presentazione di nuova domanda. Viene prevista la non retroattività: in particolare, l’Accordo quadro stabilisce che il suo contenuto non trovi applicazione alle richieste che riguardano un periodo precedente alla data della richiesta, salvo se durante tale periodo non siano stati versati contributi di sicurezza sociale o qualora il lavoratore sia già stato coperto dal regime di sicurezza sociale dello Stato firmatario in cui il datore di lavoro ha la sua sede legale o il suo domicilio, e: - il periodo precedente la data di presentazione della richiesta non supera i 3 mesi; oppure - la richiesta è presentata entro il 30 giugno 2024 e il periodo precedente la data di presentazione della richiesta non supera i 12 mesi.