La transazione fiscale e la sistemazione dei debiti fiscali ricevono nuova linfa dalla riforma della crisi d’impresa. L’art. 63 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – CCII (D.Lgs. 14/2019), in vigore dal 15 agosto 2020, disciplina infatti la ristrutturazione dei debiti erariali nell’ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti (adr) dell’imprenditore, riproponendo il contenuto dell’attuale art. 182 ter l.f., commi 5 e 6, con l’innesto, tuttavia, di talune modifiche sostanziali e procedurali volte a favorire la fruibilità degli accordi di ristrutturazione, anche in presenza di debiti erariali da ristrutturare. Nel nuovo assetto normativo, l’istituto è facoltativamente azionabile dall’imprenditore“non minore” (oltre che nel concordato preventivo) nell’ambito delle trattative che precedono la stipulazione delle varie tipologie di adr: artt. 57 (“ordinari”), 60 (“agevolati”) e 61 (“ad efficacia estesa”) del CCII. La disciplina “core” di riferimento resta, sotto il profilo procedurale, quella del concordato preventivo (nuovo art. 88), derivandone pertanto l’applicabilità in sede di adr delle medesime modalità tecniche che regolano il trattamento dei crediti erariali nel concordato preventivo. Il “cram down” fiscale Nell’attuale legge fallimentare, la transazione fiscale conclusa nell’ambito di un adr, a differenza di quanto avvenga nel concordato preventivo, non è idonea a dispiegare effetti sul trattamento dei crediti senza l’assenso dell’ente impositore, il cui peso può essere determinante ai fini del raggiungimento della soglia “legale” del 60% dei crediti per l’omologazione dell’accordo. Sotto questo profilo, la Riforma ha profondamente innovato introducendo, una sorta di “cram down” nei confronti del fisco. L’art. 48, co. 5 CCII, infatti stabilisce che “Il tribunale omologa gli accordi di ristrutturazione anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria quando l’adesione è decisiva ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui all’art. 57, comma 1, e 60 comma 1 e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista indipendente, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.”; ciò, come espressamente evidenziato nella Relazione di accompagnamento, proprio al fine di superare ingiustificate resistenze da parte del fisco alle ristrutturazioni negoziali dei debiti che si palesino effettivamente convenienti per l’erario e per tutti i creditori coinvolti nella ristrutturazione negoziale. Attestazione sulla convenienza di trattamento del credito erariale In caso di transazione fiscale nell’ambito degli adr, l’attestazione del professionista indipendente deve inerire anche alla “convenienza del trattamento dei crediti erariali proposto rispetto alla liquidazione giudiziale”, e tale circostanza costituisce oggetto di specifica valutazione da parte del tribunale (art. 63, co. 1, ultimo periodo). Il parametro di confronto da assumere per la “valutazione di convenienza” (ulteriore novità introdotta dalla Riforma) non è più rappresentato dalle “alternative concretamente praticabili”, ma unicamente dalla liquidazione giudiziale (ex fallimento). La comparazione richiesta in questa sede all’attestatore e, a cascata, al tribunale in ordine alla convenienza del trattamento dei crediti erariali (nonché anche per il superamento della mancata adesione del fisco ai sensi del richiamato art. 48, co 5) è, pertanto, tra: - risultato esposto nel piano sottostante dall’adr e nella proposta di transazione fiscale e - risultato realizzabile ad esito di una simulata liquidazione giudiziale. Adesione del Fisco e risoluzione della transazione fiscale Ai fini dell’adesione alla proposta, è richiesta la sottoscrizione dell’atto di transazione fiscale da parte del direttore dell’ufficio dell’Agenzia delle Entrate, nonché dell’agente della riscossione in ordine al trattamento dei relativi oneri. L’assenso così espresso equivale a sottoscrizione dell’accordo di ristrutturazione. In punto di adesione, la riforma ha introdotto la previsione, all’art. 63, co 3, di un termine di 60 giorni dal deposito della transazione fiscale entro il quale deve intervenire la eventuale adesione, ciò ai fini della sopra richiamata procedura di cram down. La transazione fiscale conclusa nell’ambito di un adr è risolta di diritto se il debitore non esegue integralmente, entro 90 giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti alle agenzie fiscali e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie (art. 63, co 3 CCII). Trattamento dei crediti contributivi Anche il trattamento dei crediti contributivi deve ritenersi sottoposto ai medesimi limiti di falcidia previsti per i crediti fiscali. In ordine, ad esempio, alle nuove tempistiche entro cui gli enti impositori si devono esprimere, la relazione di accompagno parla testualmente di “amministrazioni”, dovendosi pertanto ritenere che la novella, unitamente a quella dell’art. 48, trovi applicazione anche nel caso della transazione “previdenziale”. Invero, nel (pre)vigente contesto normativo, anteriormente alle modifiche apportate all’art 182 ter l. f., il trattamento dei crediti contributivi, a differenza dei crediti fiscali, trova(va) la sua disciplina non solo nell’art. 182 ter, ma anche nell’art. 32, comma 6, D.L. n. 185/2004 e nel successivo decreto attuativo (D.M. 04/08/2009), concernente le modalità di applicazione e le condizioni di accettazione da parte degli enti previdenziali degli accordi sui crediti contributivi. Tale decreto, prevedendo significative limitazioni alla falcidiabilità dei crediti contributivi ed alla loro dilazionabilità che mal si conciliano con le regole dettate dall’attuale art. 182-ter l. fall., deve intendersi tacitamente abrogato poiché in contrasto con quanto stabilito per effetto delle novità successivamente introdotte dal riformato art. 182-ter, fonte normativa di grado superiore (Cass., SS.UU., n. 760/2017).