Più tempo per i pagamenti dei crediti tributari oggetto di trattamento ai sensi dell’art. 182-ter della Legge Fallimentare (R.D. n. 267/1942). Si tratta, evidentemente, dei pagamenti legati alle transazioni fiscali atti a dare esecuzione al piano di risanamento oggetto del concordato preventivo (art. 160 LF) o dell’accordo di ristrutturazione del debito omologato (art. 182-bis LF). A tale auspicata e ragionevole conclusione giunge l’Agenzia delle Entrate con la risposta 5.11 della circolare n. 11/E del 6 maggio 2020. Interpretazione ampia Infatti, nel documento di prassi, l’Agenzia sostiene che l’espressione “termini di adempimento” contenuta nell’art. 9 del decreto Liquidità sia da intendersi riferita alla tempistica prevista per il compimento di tutti gli adempimenti atti a dare esecuzione al piano di risanamento oggetto del concordato o dell’accordo di ristrutturazione, incluso, pertanto, l’obbligo di eseguire i pagamenti nei confronti dei creditori alle scadenze convenute. L’ampia interpretazione, in modo condivisibile, trova fondamento anche nella relazione tecnica alla norma, che ha come esplicita e generale finalità quella di salvaguardare le procedure in essere prima dell’emergenza epidemiologica dovuta al Covid-19, le quali, in assenza di uno specifico intervento come quello adottato dall’Esecutivo, potrebbero risultare irrimediabilmente compromesse. Nell’attuale scenario, è evidente che le difficoltà di liquidità dei soggetti economici, già insorte o di prossima manifestazione, avranno ripercussioni sui piani di ammortamento delle transazioni fiscali, che, ove non opportunamente sterilizzate, renderebbero vano il senso stesso della norma. Proroga di sei mesi Ciò premesso, la proroga di sei mesi disposta dal richiamato art. 9 del D.L. n. 23/2020 è da intendersi estesa anche alle scadenze dei pagamenti dei crediti tributari oggetto di trattamento ai sensi dell’art. 182-ter LF, ricadenti nel periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2021, mentre rimangono confermate le scadenze successive a quest’ultima data. Inoltre, la proroga non assorbe il termine moratorio di 90 giorni contenuto nell’ultimo comma dell’art. 182-ter, posto che non si tratta di un termine di adempimento, ma rappresenta solo lo iato temporale di tolleranza per l’esecuzione di un versamento già scaduto. Pertanto, non vi sarà alcuna risoluzione di diritto dell’atto transattivo nel caso in cui il pagamento pattuito fosse effettuato entro il novantesimo giorno successivo al termine di efficacia della proroga. In altri termini, tutti i versamenti in scadenza tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2021 si dovranno intendere regolarmente effettuati ove disposti entro sei mesi dalla loro naturale scadenza o nel termine moratorio di novanta giorni dalla stessa, prestando particolare attenzione, nella ricostruzione della nuova tempistica, al riferimento ai mesi contenuto nella proroga e ai giorni nel caso della moratoria concessa dall’ultimo comma dell’art. 182-ter. Rottamazione e saldo e stralcio fuori dalla proroga La circolare ha ritenuto di dover chiarire che la proroga non trova applicazione, invece, per i termini legati ai pagamenti derivanti dall’adesione alle definizioni agevolate dei carichi affidati all’agente della riscossione, ovvero le rottamazioni bis e ter, in considerazione, da un lato, delle peculiari regole disciplinanti le adesioni de quibus e, dall’altro, della specifica previsione contenuta nel comma 3 dell’art. 68 del decreto Cura Italia, che ha sostanzialmente riprodotto il contenuto del comma 3 dell’art. 2 del D.L. 2 marzo 2020, n. 9, non convertito in legge. Infatti, la norma in parola ha differito al 31 maggio 2020 (1° giugno, essendo il 31 maggio un giorno festivo) i termini per il pagamento della rata delle rottamazioni scadente il 28 febbraio 2020, in realtà già scaduta alla data di emanazione del D.L. n. 9/2020, e del saldo e stralcio in scadenza il 31 marzo 2020. Pur apprezzando lo sforzo, questa precisazione appare a chi scrive del tutto ultronea. Proprio quest’ultimo riferimento consente però di fare una riflessione aggiuntiva. Infatti, la risposta fornita dall’Agenzia evidenzia chiaramente, come già anticipato, l’intento di non appesantire situazioni che risultavano ammaccate già prima della crisi legata alla pandemia, concedendo la possibilità di gestire la liquidità con maggiore respiro ed elasticità. Analogo intento si ravvisa anche nel differimento, seppur breve (al momento), del versamento delle rate legate alla adesione alle rottamazioni e al saldo e stralcio. Sul punto, giova brevemente ricordare che non è stato disposto, invece, alcun analogo differimento per i versamenti delle rate dovute dai contribuenti che si sono avvalsi di altre previsioni contenute nel D.L. n. 119/2018, in particolare: - definizione dei processi verbali (art. 1); - chiusura delle liti fiscali pendenti (art. 6); - regolarizzazione degli errori formali (art. 9) Se il parametro che ha guidato la scelta del legislatore è stato quello di arginare la generale e prevedibile crisi di liquidità, dimostrando attenzione nei confronti dei soggetti aderenti alla rottamazione, al saldo e stralcio o, a maggior ragione, a una transazione fiscale conseguenza di una dichiarata situazione di crisi, non si comprende davvero la ragione per cui la medesima “sensibilità” non possa (rectius debba) riguardare anche coloro che hanno aderito alla definizione delle liti pendenti e dei processi verbali, tralasciando la regolarizzazione degli errori formali per l’esiguità degli importi mediamente dovuti. La risposta a questo interrogativo non può però risiedere nell’applicazione dell’art. 15-ter del D.P.R. n. 602/1973 alle definizioni in questione, a mente del quale l’iscrizione a ruolo non è eseguita se il contribuente si avvale dell’istituto del ravvedimento operoso entro il termine di pagamento della rata successiva o, in caso di ultima rata o di versamento in unica soluzione, entro 90 giorni dalla scadenza, mentre nel caso della rottamazione delle cartelle non è previsto alcun ravvedimento per i versamenti tardivi. Ne discende, quindi, che il mancato pagamento di una rata inficia l’intera rottamazione, comportandone la decadenza e con essa la cancellazione dei benefici connessi, posto che si riattiverebbe l’attività di riscossione originaria del debito, da cui andrebbero solo defalcati, a titolo di acconto, gli eventuali versamenti già effettuati. Attività di riscossione cui, occorre precisare, non si applica ovviamente la proroga biennale disposta dall’art. 12 del D.Lgs. n. 159/2015 (in particolare, dal comma 2), richiamato nella sua interezza dal comma 1 dell’art. 68 del decreto Cura Italia, ma non dal comma 3 che, come detto, si occupa appunto dello specifico differimento al 31 maggio 2020 delle rate dovute in base alle rottamazioni e al saldo e stralcio. Pertanto, condiviso pienamente il principio di tentare di non far precipitare nessuno, per quanto possibile, nel baratro della illiquidità, si ritiene che tutti i conseguenti provvedimenti debbano avere un unico comune denominatore, funzionalmente ispirato alla parità di trattamento, perché mettere qualcuno nella condizione di cadere dalla padella alla brace non può certo essere l’auspicio per recuperare una mancata Pasquetta.