Trattamento fiscale sugli emolumenti percepiti da impiegati e funzionari di ambasciate e consolati di Stati esteri in Italia

L’Agenzia delle Entrate, per il tramite dell’attività di accertamento esperita relativamente alle posizioni fiscali dei dipendenti delle ambasciate e dei consolati, ha contestato la mancata tassazione dei redditi da lavoro percepiti in occasione dello svolgimento della propria prestazione a servizio di ambasciate e dei consolati di Stati esteri presenti in Italia. Nello specifico, con l’interrogazione n. 5-01715, veniva richiesta l’applicazione della normativa prevista dalla Convezione di Vienna del 1963, art. 49, con la conseguente esenzione da imposizione fiscale dei redditi sopra richiamati. Veniva al contempo richiesta l’applicazione di una flat tax del 15% per i redditi oggetto di contestazione, nonché l’azzeramento delle sanzioni e degli interessi applicati. Secondo gli interroganti, infatti, i redditi di lavoro dipendente come sopra richiamati, sconterebbero esclusivamente le ritenute previdenziali, senza alcun carico fiscale ulteriore. Interpretazione restrittiva Ad una diversa conclusione si perviene tuttavia con la risposta del 21 marzo 2019, in cui viene fornita un’interpretazione restrittiva del disposto convenzionale applicabile ai soggetti operanti all’interno di consolati ed ambasciate. Questo in particolar modo alla luce di una diversa interpretazione della normativa di riferimento. A tal proposito, occorre riferirsi alla normativa a cui l’interrogazione ha fatto apposito richiamo (i.e. art. 49 della Convenzione di Vienna del 1963, nonché il Modello OCSE), così da verificarne i limiti applicativi e gli eventuali risvolti concreti al caso di specie. Per quanto riguarda la legislazione interna, il TUIR prevede una diversa modalità di tassazione per le persone fisiche a seconda che un contribuente sia o meno considerato fiscalmente residente in Italia. In particolare, i soggetti fiscalmente residenti in Italia sono tassati, oltre che sui redditi prodotti nello Stato, anche sui redditi di fonte estera, sulla base del principio di tassazione mondiale. La disposizione va tuttavia coniugata con il sistema delle fonti convenzionali che, se più favorevoli per il contribuente, possono derogare alla normativa interna, con ciò restringendo la potestà impositiva sui redditi di fonte estera. Per quanto concerne la tassazione dei redditi percepiti dai dipendenti delle ambasciate e consolati esteri presenti in Italia, occorre demandare sia alla Convenzione di Vienna del 24 aprile 1963, che al trattato contro le doppie imposizioni in forza tra l’Italia ed i Paesi terzi (se sottoscritto). In particolare, l’art. 49 della Convenzione di Vienna dispone che “i funzionari consolari, gli impiegati consolari e i membri della loro famiglia viventi nella loro comunione domestica sono esenti da ogni imposta e tassa, personali o reali, nazionali regionali e comunali”. Tale disposizione trova applicazione nei casi in cui, a prescindere dalla residenza in Italia, il contribuente che opera alle dipendenze del Consolato o dell’Ambasciata abbia la cittadinanza estera. Il disposto convenzionale ha il proprio contrappunto anche nella normativa interna e nello specifico nell’art. 4 del D.P.R. n. 601/1973, il quale conferma, in condizione di reciprocità con il Paese estero, l’esenzione fiscale per i dipendenti delle rappresentanze estere che non abbiano la cittadinanza italiana. L’ulteriore Trattato internazionale da prendere in considerazione ai fini dell’analisi della fattispecie che ci occupa è da rinvenirsi del Modello OCSE, se sottoscritto tra i Paesi, laddove all’articolo 19 prevede che: “le remunerazioni [...] pagate da uno Stato contraente (ad esempio UK) o da una sua suddivisione politica o amministrativa ad una persona fisica, in corrispettivo di servizi resi a detto Stato o a detta suddivisione od ente, sono imponibili soltanto in detto Stato (UK). b) Tuttavia, tali remunerazioni sono imponibili soltanto nell’altro Stato contraente (Italia) qualora i servizi siano resi in detto Stato (Italia) e la persona fisica sia un residente di detto Stato (Italia) il quale: i) abbia la nazionalità di detto Stato (Italia) e non abbia la nazionalità dell’altro Stato (UK); o ii) non sia divenuto residente di detto Stato (Italia) soltanto allo scopo di rendervi i servizi;”. Quindi, nel caso di specie, qualora i contribuenti oggetto dell’attività di accertamento da parte dell’Agenzia possano qualificarsi come soggetti non fiscalmente residenti in Italia né aventi la cittadinanza italiana, troverà applicazione l’esenzione prevista dalla norma convenzionale. Tuttavia, nonostante le disposizioni sopra citate, l’Agenzia ha tenuto un approccio restrittivo, limitando l’ambito applicativo di tale normativa. Criteri non chiari A parere di chi scrive, dal testo di risposta all’interrogazione parlamentare, appare arduo comprendere i criteri adottati dall’Amministrazione finanziaria, con particolare evidenza all’ambito soggettivo dei contribuenti oggetto del controllo. Ed infatti necessita di un maggiore approfondimento il richiamo alla mancanza di qualifica di rappresentanti dello Stato estero quale elemento di disapplicazione del Trattato di Vienna. Invero, tale qualifica appare eccessivamente restrittiva e non trova un riscontro né all’interno del testo della Convenzione di Vienna del 1963 né tantomeno nel Modello Ocse, laddove viene effettuato un semplice riferimento allo svolgimento di funzioni pubbliche nei confronti di uno Stato contraente. Inoltre, l’ulteriore criterio richiamato nell’interrogazione afferente la residenza fiscale dei contribuenti potrebbe non rilevare qualora si applicasse la normativa dall’art. 19 del Modello OCSE. Conclusioni Sembra dunque doveroso attuare un’attenta analisi riguardo la specifica casistica oggetto di accertamento. Qualora infatti l’Ufficio abbia ripreso a tassazione degli emolumenti che potrebbero invece ricadere nell’ambito applicativo delle deroghe convenzionali, sarebbero poste le basi per un possibile contenzioso.

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Trattamento fiscale sugli emolumenti percepiti da impiegati e funzionari di ambasciate e consolati di Stati esteri in Italia

Forniti chiarimenti sul trattamento fiscale da applicare agli emolumenti percepiti da impiegati e funzionari di ambasciate e consolati di Stati esteri presenti in Italia

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