Con il D.Lgs. n. 24/2023 il nostro Paese recepisce la Direttiva 2019/1937 sul whistleblowing, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni di disposizioni normative nazionali o dell’Unione europea. Violazioni di cui siano venuti a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato. Per dirla in parole più semplici, la pratica del “Whistleblowing” si concretizza quando un dipendente, pubblico o privato, segnala condotte illecite di cui ha notizia durante lo svolgimento della propria attività lavorativa. “Whistleblower” è il termine con cui si definisce il soggetto che effettua la segnalazione di illeciti di interesse generale, non individuale, di cui sia venuto a conoscenza. Sono considerati illeciti di interesse generale tutte le irregolarità di natura amministrativa, contabile, civile o penale; la condizione per rientrare nella sopracitata disciplina di tutela è che il comportamento, l’atto o l’omissione leda l’interesse pubblico o l’integrità dell’ente pubblico o dell’azienda privata. Da quando sono applicabili le disposizioni del whistleblowing Le nuove disposizioni sono applicabili in via definitiva dal 15 luglio 2023 per gli enti pubblici e per una parte dei soggetti del settore privato che ne sono destinatari, vale a dire quelli con più di 249 dipendenti. Per “i soggetti del settore privato che hanno impiegato, nell’ultimo anno, una media di lavoratori subordinati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato, fino a duecentoquarantanove” l’obbligo di istituzione del canale di segnalazione interna decorre dal 17 dicembre 2023. Quali sono le novità del decreto sul whistleblowing Il decreto introduce importanti novità che avranno un impatto considerevole sui destinatari della normativa, in primis l’istituzione per gli enti privati, per la PA erano già previsti, di un canale di segnalazione interna e l’introduzione di strumenti predisposti alla reale tutela dei segnalanti. Ricordiamo che per i privati, sinora, l’adozione di tali strumenti era connessa alla scelta libera di dotarsi di un Modello di organizzazione gestione e controllo, in conformità al decreto legislativo 231/2001. Tali strumenti dovranno, nemmeno a dirlo, rispondere a precisi obblighi di affidabilità dal punto di vista tecnico, di conformità al GDPR ed agli standard di sicurezza, di riservatezza e degli aspetti privacy. Ulteriore novità riguarda l’ampliamento della categoria degli illeciti che possono diventare oggetto di segnalazione. Oltre ai reati già contemplati dal decreto 231 di carattere penale quali frodi e corruzione, la normativa whistleblowing annovera tra gli illeciti anche le pratiche dannose che incidono in maniera diretta sugli interessi pubblici e comunitari come i reati in ambito privacy, ambiente ed antitrust e le condotte anti etiche. Il decreto prevede la tutela in primis del segnalante e, a cascata, anche dei soggetti che lo supportano nel processo di segnalazione, definiti “facilitatori”, così come dei soggetti a lui vicini quali colleghi o addirittura familiari. L’ANAC, Autorità nazionale anticorruzione, svolgerà un ruolo decisivo poiché, oltre all’esercizio dei suoi compiti istituzionali, avrà la facoltà di sanzionare le organizzazioni inadempienti. Disporrà di un canale di segnalazione “esterno” a cui i segnalanti potranno rivolgersi qualora il processo di segnalazione interno non garantisse il corretto o efficace svolgimento della procedura. Qual è l’impatto pratico Un cambiamento decisivo quello delineato dalla nuova normativa che impatterà in maniera significativa sui soggetti destinatari e che imporrà la creazione, o il riesame, di un processo di gestione delle segnalazioni che risponda a più aspetti quali sicurezza, conformità alle normative vigenti, privacy e riservatezza. Proprio per la pluralità dei fattori in gioco occorre adottare una visione d’insieme e un approccio trasversale alla tematica: strategia, questa, che consentirà ad imprese ed enti di cogliere e di godere dei significativi vantaggi connessi all’adozione di un coerente sistema di gestione del whistleblowing. Non si tratta solo di dotarsi di efficaci strumenti tecnici o di istituire canali di segnalazione che rispondano alle prescrizioni normative. Il decreto richiede anche una gestione puntale degli aspetti documentali e pone l’accento sulla necessità della formazione delle risorse deputate al management delle segnalazioni che devono essere adeguatamente informate sul processo e sulle implicazioni ad esso connesse. Al contempo, la formazione deve riguardare anche il resto della popolazione aziendale e degli stakeholder coinvolti. Creare una consapevolezza e un livello di conoscenza sufficienti rappresentano, di fatto, le basi per contenere entro un perimetro accettabile il rischio di incorrere in conseguenze sanzionatorie o reputazionali. Proprio quest’ultimo aspetto ci offre una chiara visione rispetto al cambiamento di rotta segnato dalla recente direttiva. L’eventualità di rendere pubblico l’oggetto della segnalazione rappresenta per qualsiasi tipo di organizzazione un rischio ed una conseguenza di grande impatto che avrebbe un effetto dirompente sulla propria reputation minando la fiducia di clienti e utenti nei confronti dello stesso. Quali sono le principali tappe del percorso di adeguamento Il primo passo che le organizzazioni sono chiamate a compiere riguarda la selezione della piattaforma per la gestione delle segnalazioni: una scelta tutt’altro che semplice poiché dovrà rispondere non solo alle esigenze interne della struttura, ma anche a criteri di conformità privacy, tutela delle informazioni, principio di riservatezza e, neanche a dirlo, sicurezza dello strumento. Un secondo punto di pari rilevanza riguarda la redazione della documentazione, nonché delle procedure che dovranno supportare l’intero processo e il ciclo di vita della segnalazione, senza dimenticare eventuali certificazioni o modelli organizzativi, tra cui quello 231, che dovranno integrarsi e talvolta interagire con il canale whistleblowing. Logicamente l’aspetto documentale è direttamente connesso alla creazione di nomine idonee e perimetrate rispetto ai soggetti che dovranno gestire il canale e che dovranno cooperare anche con le funzioni interne. Considerando le differenti tipologie di soggetti coinvolti, dai responsabili della gestione del canale al resto delle risorse dell’organizzazione, anche alla luce del diverso ruolo svolto, è essenziale progettare un percorso formativo differenziato. Se nel primo caso i gestori dovranno avere una conoscenza approfondita dello strumento tecnologico, delle procedure adottate e del flusso della segnalazione, tutti gli altri soggetti coinvolti dovranno aver ben chiaro il percorso di accesso al canale di segnalazione così come tutte le garanzie riconosciute dal legislatore. Solo in questo modo questo strumento potrà essere considerato e percepito come completamente affidabile ed i soggetti potenzialmente segnalanti avranno la piena consapevolezza sia dei casi per cui potranno effettuare segnalazioni, sia rispetto alle garanzie e ai diritti di cui possono godere. Quali sono i vantaggi di un sistema di gestione del whistleblowing I vantaggi nell’adozione di un sistema di gestione del whistleblowing sono numerosi e rappresentano per qualsiasi struttura, sia privata che pubblica, una significativa opportunità di crescita ed evoluzione. Innanzitutto, è uno strumento prezioso per combattere le frodi, la corruzione o comportamenti poco etici. Da un lato, infatti, già con la sua sola attuazione, scoraggia il compimento di illeciti, dall’alto dà un forte stimolo al whistleblower ad aprirsi e denunciare le pratiche scorrette di cui è venuto a conoscenza. Ovviamente, lato organizzazione, venire tempestivamente a conoscenza di illeciti o eventuali criticità permette di affrontarli con tempi opportuni, prevenendo il rischio di aggravarsi o che vi sia una reiterazione. La presa in carico della segnalazione da parte di un gruppo dedicato e adeguatamente formato consente di affrontare eventuali danni e di focalizzare risorse ed investimenti sull’ottimizzazione dell’area interessata. È evidente che un processo di segnalazione ben organizzato e consolidato sia sul fronte interno che su quello del segnalante evita che la problematica esca dal perimetro della struttura e danneggi la reputazione dell’organizzazione. In ultima analisi, non certo in ordine di importanza, accrescere la consapevolezza rispetto a condotte non legali o non etiche non permette solo di gestirle in maniera rapida ed efficace, ma anche costruttiva offrendo all’organizzazione un’ottima opportunità per una analisi interna da cui può cogliere importanti spunti per evolvere. La creazione di una cultura della legalità passa inevitabilmente da un rapporto di fiducia con i propri dipendenti che, sentendosi incoraggiati e supportati nella segnalazione di illeciti, saranno più fiduciosi verso l’organizzazione per cui lavorano, accrescendo la propria produttività e mostrandosi più portati a mantenere comportamenti onesti.